
SE IL BENE DIVENTA DI PARTE
Livio Pepino, presidente di Magistratura Democratica in un intervento sul Corriere della Sera afferma che nell’ultimo mezzo secolo, la minaccia più grave alla Costituzione è stata la bicamerale. L’affermazione è stata fatta in nome dell’esigenza di indipendenza della Magistratura. Non è questa la sede per entrare nel merito delle accuse. La domanda è un’altra. Cosa significa l’indipendenza della Magistratura? Cosa significa la separazione dei poteri che sta alla base della nostra Costituzione? Se è giusto che i magistrati non dipendano dai politici, è giusto allora che in modo “indipendente” professino ideologie politiche che li pongono pubblicamente vicino a una ben precisa parte politica? A che condizione l’adesione a un’ideologia può permettere di essere imparziali nell’esercizio delle proprie funzioni, se pretende di essere superiore alla legge e capace di “interpretarla”? Così, “onestamente” si può ritenere di essere magistrati e, nello stesso tempo, partecipare all’agone politico, decidendo cosa sia “democratico”, cosa debba esistere e cosa no. Che questo poi avvenga anche nell’esercizio delle proprie funzioni non può essere provato, ma… Alcuni imprenditori commettono fatti illegali, hanno chiari legami con politici; si presumerebbe almeno qualche indagine prima di escludere ipotesi di reato connesse alla politica. Nel caso del G8 di Genova, si assolvono i No global e si rinviano a giudizio poliziotti che hanno eseguito ordini, senza indagare sui loro capi. Vengono fatti scioperi nonostante la precettazione che colpiscono migliaia di proletari. Nessuna conseguenza. La soluzione non sta certo nel farsi le leggi ad personam, nell’asservire un Parlamento intero per rispondere ad un tentativo giustizialista: l’esito è sotto gli occhi di tutti. L’alternativa non è neanche invocare la non appartenenza ad alcuna corrente ideale, come condizione per fare il giudice. Sarebbe semplicemente non umano. L’alternativa è un principio fragile che si invoca nelle manifestazioni ufficiali, ma a cui poi non si crede: amare la verità più che se stessi, ricercare sinceramente questa verità anche quando si ha contro la propria ideologia, pensare che essa valga di più dell’affermazione del potere della propria parte. Ciò significa il tentativo sincero di rispettare la legge, di essere imparziali, di guardarne la lettera. Impossibile se si pensa di essere il “Giusto”. Possibile se si è animati da un sincero desiderio di bene. Ciò fa contribuire a un bene comune che nasca dall’apporto di tutti, in Parlamento come in tribunale. Non è solo un principio cristiano, ma è anche la radice della nostra Costituzione. Oggi si sta attentando proprio ad essa, da tutte le parti.
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