
Se Morsi non verrà eletto, i Fratelli Musulmani faranno «una nuova rivoluzione»
L’ufficialità arriverà solo giovedì ma i dubbi sono pochi: Mohamed Morsi (a destra nella foto), candidato dei Fratelli Musulmani, ha vinto le elezioni superando Ahmed Shafiq (sinistra), uomo dei militari e ultimo primo ministro dell’era Mubarak. Il primo avrebbe preso un milione in più di voti, raggiungendo una percentuale del 52 per cento, contro il 48 dell’ex primo ministro. I Fratelli Musulmani hanno esultato per la vittoria già lunedì mattina, ma Shafiq ha annunciato che i dati diffusi sono falsi e che ci saranno «sorprese». Lo spoglio non è ancora stato completato in 13 governatorati su 27, l’unica cosa certa è il voto estero che ha visto trionfare nettamente Morsi rispetto a Shafiq.
Se da una parte sembra che Morsi sarà il primo presidente egiziano eletto democraticamente, dall’altra i Fratelli Musulmani hanno poco da esultare. I militari, attraverso la Corte costituzionale suprema, sono riusciti a sciogliere l’Assemblea costituzionale e il Parlamento, ampiamente dominati dalle forze islamiste, due giorni prima del voto per il ballottaggio presidenziale. Non solo: la dichiarazione costituzionale è stata emendata dal Consiglio supremo delle forze armate, che ha dichiarato che manterrà potere legislativo ed esecutivo fino a quando non verrà eletto un nuovo Parlamento.
Secondo gli emendamenti promulgati ieri, non ci saranno elezioni parlamentari prima di quattro mesi anche se i militari hanno confermato che entro un mese lasceranno il potere a un governo civile. Il problema, come fanno notare in molti, è che per ora in Egitto non c’è nessun reale governo civile e che i militari avevano anche promesso di abbandonare il potere dopo le elezioni presidenziali. È accaduto invece l’esatto contrario e i Fratelli Musulmani sono sul piede di guerra. «Se ci saranno brogli» dichiara Hassan Abdel-Fattah a tempi.it «scateneremo una rivoluzione di gran lunga peggiore di quella che ha portato alle dimissioni di Mubarak. Anche se noi non ce lo auguriamo».
Se Morsi sarà il nuovo presidente dell’Egitto, dunque, dovrà scendere a forti compromessi con i militari che, al di là delle dichiarazioni di facciata, continuano a mantenere un potere che supera di gran lunga quello del presidente. Il quale si ritroverà a “governare” su un paese senza Parlamento, senza organo costituente e senza Costituzione. Tutto questo, mentre l’Egitto attraversa una gravissima crisi economica. La delusione di chi ha fatto la “Primavera araba” è più che comprensibile.
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