
Se ne è accorto anche Salvatores. Ogni notizia è «amplificata oltre ogni misura» dai No Tav
Gabriele Salvatores, smentendo l’intenzione di realizzare un film sui No Tav e definendosi seccato per il clamore, ha spiegato di aver «anche parlato con l’organizzatrice del Festival (il regista aveva presentato il suo Educazione Siberiana al Valsusa FilmFest, ndr) per capire cosa sia successo dopo la presentazione del film. Mi ha detto che ogni cosa che riguarda la Val di Susa e i No Tav viene ampliata e amplificata oltre misura».
«Ampliata ed amplificata oltre ogni misura», ogni notizia (o non notizia) che giunge dalla Val Susa, dicono gli ambienti del Festival, non certo distanti dal Movimento. Ma è davvero così? E, perché, proprio ora ci si preoccupa della sovraesposizione quando in altri tempi si lamentava la censura mediatica?
SIMBOLI. Il movimento No Tav è, diventato, lo dicono i più attenti analisti, un simbolo. Un simbolo evocativo per chiunque si proponga una “opposizione radicale”. Non è un caso che vi eserciti un ruolo diretto l’area dei centri sociali torinesi, che vi abbia trovato riparo tutto ciò che rimane della sinistra estrema e che, infine, i grillini abbiano come “seconda bandiera” quella con il trenocrociato. Il linguaggio e le narrazioni, anche in quelle frange dove meno te lo aspetteresti (i cattolici no-tav, un pezzo di Dc transitata nel Pd che ha trovato nuova verginità nel contrasto al treno veloce), sono quelle dell’antagonismo.
Non si sono mai definiti dei confini. Tutti quanti hanno voluto unire il loro “no”, sono stati aggregati. Questo ha favorito, come logico, che si imponessero linguaggi e metodi di conosce gli attrezzi dell’egemonia.
Per molto tempo a sottolineare questi aspetti, in Valle e fuori, sono state sparute minoranze. Ora, il livello di attenzione è salito.
I No Tav, probabilmente, erano abituati a quella larga fetta di giornalismo locale che si è accomodata nel fiancheggiamento, più o meno esplicito, del Movimento.
Sono saltate delle certezze, sempre a livello di immaginario. Che sia Gian Carlo Caselli, già istruttore del palermitano “processo alla storia”, a sostenere le inchieste contro esponenti No Tav, ad esempio, genera non pochi problemi. Mette in crisi l’utilizzo dei soliti paradigmi del “professionismo dell’antimafia”, che tiravano forte anche tra queste montagne.
MEDIATIZZAZIONE. In Val di Susa, il Partito Democratico (base ed amministratori locali) ha dovuto vivere prima, proprio sulla questione del treno, la necessità di avere nemici a sinistra. E, spesse volte, non ce l’ha fatta. Costruendo, si può riconoscere più di una somiglianza con quando accaduto nel sostegno a Rodotà-tà-tà, un ircocervo che tiene insieme una sedicente “larga forza del cambiamento”.
Una forza il movimento No Tav che ha sempre cercato la mediatizzazione. Partendo dall’assunto, o volendolo comunicare con gli atteggiamenti, di possedere argomenti razionali, ragionevoli ed oggettivi per dimostrare l’inutilità dell’opera. Argomenti che comunicati avrebbero convinto nella loro autoevidenza. Chi, in Valle, non si schiera senza se e senza ma per il no, infatti, è definito ignorante (non conosce) o in malafede (non vuole conoscere, è interiormente corrotto).
IL CODAZZO DELLE VIDEOCAMERE. Con l’avvio del cantiere a Chiomonte, il livello di scontro si è alzato. D’altronde una predicazione resistenziale, benedetta dai gruppi locali dell’Anpi, non poteva non generare queste conclusioni. Se il nemico schiaccia la libertà, resistere è indispensabile.
Il nodo della violenza non è mai stato risolto. Non è violento pubblicare foto di tutti gli imprenditori che partecipano ad incontri pro-Tav? Non è violento fare liste di proscrizione di giornalisti? Come definire lo scandagliare la vita privata di chi non si accoda alla linea?
Tutto questo, ed altro è accaduto. Con codazzo di videocamere amatoriali, retorica della controinformazione e pezzi dell’informazione e dello spettacolo (fiancheggiatori salottieri) a sostenere.
La visibilità che si è cercata, ora rischia di rivoltarsi contro? Probabilmente sì. Mentre, in riferimento all’assalto al cantiere di lunedì notte, già si torna a spolverare i teoremi della “strategia della tensione”, come al Topolino di “Fantasia”, la realtà presenta il conto ad improvvisati “apprendisti stregoni della comunicazione”.
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