Se non fosse Beirut ma Gerusalemme, sai che goduria i bombardamenti

Su un prato delle Dolomiti sono sdraiati non lontano da me una signora e suo marito. Lei sfoglia nervosamente il Corriere della Sera e chiede al marito: «Dove sta Beirut? In Israele?». «No – risponde lui – in Libano». «E cos’è il Libano?», indaga la consorte. «Una specie di Svizzera del Medio Oriente. Un paese disarmato che vorrebbe starsene in pace». «E perché c’è la guerra?». «Perché Israele ha attaccato Hezbollah che si è ribellato a Hamas che è un gruppo terrorista». A questo punto, la signora esplode: «Ma allora, basterebbe che gli americani dicessero agli israeliani: fatela finita con questa porcheria, perché noi non vi appoggiamo più!». «Ma è impossibile – replica con un sorriso di sufficienza il pozzo d’informazione – l’America è in mano agli ebrei».
A questo punto esplodo: «Non sapete neppure dove sta Beirut, cos’è il Libano, Hezbollah e Hamas e ve la prendete con gli ebrei, come me, che sono italiano quanto voi e non comando l’America. Vi rendete conto di essere razzisti?». Mi guardano come un insetto e lei replica acida: «Ma è la vostra guerra. Noi che c’entriamo?». E lui aggiunge sapiente: «Ma via! Lo sanno tutti che l’industria chimica è in mano agli ebrei». Chissà poi perché l’industria chimica, e non quella petrolifera o elettronica. Forse era un dipendente frustrato di un’industria di insetticidi amministrata da un ebreo.
Mi allontano, tanto non capiranno mai quanto sono razzisti e quanto sono meschini, visto che la “mia” guerra non impedisce loro di spassarsela su un prato. È inutile dire qualsiasi cosa. Quelli mi guardano come se fosse piombato dal cielo un assaltatore della Brigata Golani.
Direte che è un caso estremo. Grave errore. Quei signori erano i rappresentanti di quella robusta minoranza che pensa che Israele sia la più grande minaccia per la pace mondiale, che gli ebrei è meglio che se ne vadano in Israele e che (la pensa così il 13 per cento degli italiani, secondo Renato Mannheimer) gli arabi abbiano ragione a perseguire il loro scopo di distruggere Israele. Le tre cose messe insieme implicano che gli ebrei debbono raccogliersi tutti in Israele per essere definitivamente fatti fuori. Questa robusta minoranza è alimentata dai pregiudizi diffusi a man bassa da una legione di apprendisti stregoni del razzismo.
Sia ben chiaro. I morti sono morti e le stragi di civili sono comunque un’atrocità. Appunto. È per questo che è repellente il coro di anime belle sdegnate per la strage di Qana (prima ancora che sappiano cosa sia davvero accaduto e persino se non si sia trattato di una macabra messinscena) e l’assoluto silenzio delle stesse di fronte alle stragi di civili israeliani provocate dai missili Hezbollah. È repellente che un’associazione “umanitaria” parli di crimini di guerra israeliani e ignori i lanci missilistici di Hezbollah malgrado questi siano deliberatamente diretti sui civili. È disgustoso il sorriso ipocrita con cui una delegazione di pacifisti consegna una bandiera della pace al governo libanese mentre ignora i trecentomila sfollati e i due milioni di israeliani che sfuggono sottoterra i tiri dei criminali che dichiarano di voler distruggere l'”entità sionista”.
Con queste lezioni quotidiane di ordinario razzismo è evidente che, se alla signora del prato il marito avesse confermato che Beirut sta in Israele, lei avrebbe risposto: «Ben gli sta agli ebrei. Si meritano questo ed altro».

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