Se Romney perde in Arizona e Michigan, per Santorum è fatta

Di Benedetta Frigerio
29 Febbraio 2012
Stasera si vota in Arizona e Michigan per le primarie repubblicane e Santorum è in vantaggio sul candidato di punta Romney. L'italo-americano cattolico, apprezzato anche dagli indipendenti, se vincesse verrebbe appoggiato dall'establishment.

[internal_video style=”height: 233px; width: 349px; float: left; margin-right: 10px; margin-top: 5px;” vid=24441]Stasera si vota in Arizona e Michigan. E dall’inizio delle primarie repubblicane il voto non è mai stato così incerto come in questo caso. I sondaggi delle ultime due settimane si sono ribaltati più volte. Dopo la vittoria di Rick Santorum nei tre Stati del Colorado, del Missouri e del Minnesota le proiezioni lo vedevano vincente anche in Michigan con 10 punti di vantaggio su Romney. In Arizona invece i due erano vicini, con Santorum a inseguire. Settimana scorsa, però, l’ex governatore del Massachusetts ha riguadagnato punti. Alcuni sondaggi lo hanno visto per due giorni in vantaggio rispetto all’italo-americano. Ora invece, le previsioni più recenti dell’istituto demografico Gallup dicono che nel partito repubblicano in generale Santorum gode del 36 per cento dei favori contro il 26 di Romney. I sondaggi dell’istituto Politico/George Washington University, relativi al Michigan, mostrano un nuovo capovolgimento con un lieve vantaggio dell’ex senatore (36 per cento) sul mormone milionario (34).

Ma la vera sorpresa viene dagli indipendenti. Anche la parte dell’establishment repubblicano che preferisce Santorum, fino ad ora si è ostinata ad appoggiare Mitt Romney perché pensa che in un ipotetico scontro con Obama, il mormone avrebbe preso più facilmente il loro voto. Ma i pronostici, ora, dicono l’esatto contrario. Il 40 per cento degli indipendenti voterebbe per il conservatore, mentre per il mormone solo il 33. Non solo, in un sondaggio della Nbc News/Marist Santorum appare il favorito per le donne repubblicane (46 per cento, contro il 23 di Romney) Se dovesse perdere qui per l’ex governatore sarebbero guai e l’establishment repubblicano che lo appoggia sarebbe costretto a seguire la base, a cui l’italo-americano piace di più. Romney, però, sta facendo una guerra feroce a Santorum. Alcune voci dicono anche che si sarebbe alleato con l’altro candidato in gara, Ron Paul, in cambio di un posto nell’establishment presidenziale in caso di vittoria. In effetti Paul ha usato tutti i suoi spot elettorali per contrastare Santorum anziché Romney.

L’ex senatore dalla sua ha la forza e il coraggio di rompere gli schemi del politicamente corretto presenti anche nel suo elettorato cattolico, guadagnando il favore dei cattolici conservatori e degli evangelici. Così, intervistato dalla Abc, ha accusato la politica dell’unico presidente cattolico degli Stati Uniti, John F. Kennedy, per la divisione che instaurò tra vita e fede. Una divisione, ha detto, «da far ammalare. Non credo alla separazione assoluta tra Chiesa e Stato. Le parole di Kennedy nel discorso del 1960, quando disse che la fede non può influenzare la politica, mi provocano un rigetto». Un altro punto a favore del cattolico è la rabbia dei colletti blu di Detroit verso il milionario mormone per essersi opposto agli aiuti di Stato all’industria automobilistica.

Per riconquistare il voto conservatore sia Romney sia Paul hanno fatto pressione sull’unico punto su cui l’italo-americano sembra distanziarsi dal conservatorismo puro: per il cattolico infatti la società è il fulcro dell’azione politica, ma lo Stato non può sparire completamente. Anzi, deve farsi prossimo alla società laddove essa non riesca a realizzare da sola i propri progetti. Così Romney ha sottolineato che Santorum per ben cinque volte ha votato per aumentare il tetto del debito quando era alla Camera e al Senato, senza pensare troppo ai tagli. Romney ha così recuperato 8 punti dai 10 che settimana scorsa lo distanziavano in Michigan dal rivale, ma non basta: qui il mormone ha bisogno di una vittoria robusta, non solo perché simbolica (qui è nato e suo padre fu governatore), ma perché in questo Stato, nella corsa del 2008, staccò dell’8 per cento il suo rivale di allora John McCain, che però poi vinse la nomination.

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