SE SEI POVERO NON TI ESPELLO

I giudici devono applicare la legge, si dice, ma la loro coscienza è l’unico criterio di interpretazione della legge. Alle volte la dottrina dominante in magistratura è la potenza dell’interpretazione, altre volte la forma della legge. Si dà certamente il caso in cui non ci sia corrispondenza tra una situazione concreta e la fattispecie prevista dalla legge e ciò lascia uno spazio alla coscienza del giudice, ma altro è il caso in cui la sentenza del giudice escluda il fine che si è proposto la legge. Questo mi sembra il caso delle due sentenze dei magistrati genovesi che non hanno firmato l’ordine di espulsione di due immigrati irregolari per il fatto che erano poveri. Se questo divenisse una norma generale, sarebbe impossibile espellere qualunque immigrato irregolare e ciò significherebbe aprire le frontiere a tutti gli sbarchi possibili. Un giudice non può non valutare le conseguenze del giudizio che egli emette e del valore che esso ha come criterio generale di giurisprudenza. Credo che anche un giudice dovrebbe applicare il principio kantiano di valutare la sua sentenza come se essa fosse il principio di una legislazione universale. In questo caso almeno dal punto di vista dello Stato.
I giudici avevano buoni motivi, specie in un caso, la ragazza nigeriana che aveva tutta la sua famiglia in Italia. Ma l’unico argomento addotto dai giudici è stata la povertà. Se questa diviene un criterio per evitare l’espulsione, essa potrà sempre essere invocata anche quando non esiste e in ogni caso il principio varrebbe anche per incoraggiare la scelta del nostro paese come Occidente di rifugio. La povertà è un titolo di residenza? Quanti altri immigrati, oggetto di provvedimenti di espulsione, possono ora invocare la sentenza di Genova? L’Italia diventerebbe la patria in cui i poveri hanno diritto di abitare, cadrebbe ogni concetto di nazione, di Stato, di territorio, la compassione diventerebbe il criterio della legislazione. E questo pone un problema: i giudici si considerano ancora organi dello Stato e quindi ne assumono i fini oppure ritengono che la funzione del giudice debba prescindere dal bene comune della nazione in nome di chi esercita il potere giudiziario? è un problema che si apre quando il paese è oggetto di attacchi che vanno dal terrorismo endogeno e islamico, sino all’immigrazione incontrollata che può anche essere pilotata da un disegno fondamentalista. Esso si pone in tutta Europa che attrae immigrati dal sud del mondo. Vi è il rischio che il potere del giudice divenga la frammentazione dello Stato e la sua incapacità di affrontare i problemi della stabilità politica e sociale del paese quando essa viene contestata in modi imprevisti.

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