
Sei innocente? Lo Stato ti condanna comunque. A pagare le spese legali

Pubblichiamo la rubrica di Maurizio Tortorella contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Nel febbraio 2012 ci provò un deputato di Forza Italia, Daniele Galli: presentò una proposta di legge per obbligare lo Stato a rifondere le spese legali del cittadino che viene imputato in un processo penale e ne esce assolto con formula piena. Non venne mai nemmeno discussa. Eppure affrontava una delle peggiori ingiustizie italiane.
Ogni anno in questo paese si aprono 1,2 milioni di procedimenti penali, più alcune centinaia di migliaia di processi tributari. Gli assolti, alla fine, sono la maggioranza: secondo alcune stime sono quasi i due terzi del totale. Moltissimi sono quelli che escono dalle aule di giustizia assolti con una “formula piena”, come si dice, e cioè perché il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto. Costoro, però, devono comunque pagare di tasca propria l’avvocato e i professionisti di parte: periti, tecnici, consulenti.
Si tratta di cifre a volte importanti. La famiglia di Raffaele Sollecito, processato per otto anni come imputato per l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia, ha dovuto pagare 1,3 milioni di euro. Elvo Zornitta, accusato ingiustamente di essere “Unabomber”, il terrorista del Nord-Est, dovrebbe pagarne 150 mila al suo avvocato. Giuseppe Gulotta, vittima del peggiore errore giudiziario nella storia d’Italia (22 anni di carcere da innocente) dovrebbe affrontare una spesa da 600 mila euro. Ci sono poi tantissimi casi nei quali anche parcelle da alcune decine di migliaia di euro rappresentano la rovina economica.
Per tutto questo l’”ingiusta imputazione” è anche un’ingiustizia intollerabile per uno Stato di diritto. Ma lo è anche per l’esempio che viene dall’estero: in Gran Bretagna e in altri 31 paesi europei, dall’Albania all’Ungheria, l’ordinamento giudiziario prevede che sia riconosciuta la compensazione delle spese legali per l’imputato assolto con formula piena. Il settimanale Panorama ha dedicato al tema una storia di copertina, che ha suscitato interesse in Parlamento, avviando numerose proposte di legge trasversali, da destra a sinistra, e sia alla Camera sia al Senato.
Le (povere) casse dello Stato
Del resto, anche importanti giuristi e magistrati concordano con l’idea. Carlo Nordio, procuratore aggiunto di Venezia, si dice convinto che sia «una fondamentale questione di giustizia: con il discutibile principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, lo Stato stabilisce il dovere d’indagare dei pubblici ministeri; ma ha anche l’obbligo di risarcire l’avvocato all’innocente che senza alcun motivo ha dovuto affrontare spese legali, spesso elevate». Giorgio Spangher, docente di procedura penale alla Sapienza di Roma, ipotizza un fondo «che provveda almeno in parte a indennizzare le spese sostenute», come già avviene per l’ingiusta detenzione.
Certo, il problema (come sempre in questi casi) sono le casse dello Stato: con la Legge di stabilità per il 2016 il governo ha appena dimezzato e reso praticamente inaccessibili le disponibilità previste per la legge Pinto, la norma che dal 2001 indennizzava gli imputati vittime della lunghezza dei processi a un ritmo di circa 500 milioni l’anno.
Sarà forse difficile, pertanto, che si possa mettere in atto qualcosa di valido sul rimborso delle spese legali. Ma non può essere questa la scusa per distogliere lo sguardo da una vera ingiustizia. Se sei stato accusato di un reato ma sei innocente, non è giusto che sia tu a pagare l’avvocato: deve farlo lo Stato.
Foto giustizia da Shutterstock
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Ancora prima che rifondere le spese legali, uno stato di diritto dovrebbe far in modo che un innocente non solo venga assolto ma che neanche debba subire un processo. Se uno non commette reato ha anche diritto a una certa serenità di vita, serenità che vien stravolta dal momento che viene fagocitato dal tritacarne della (mala)giustizia italiana.
L’obbligatorietà dell’aziona penale va tolta, se non per alcune fattispecie di reati; separazione delle carriere; le indagini devono essere condotte non più da un magistrato, ma dagli investigatori, e il magistrato deve solo decidere se e come indirizzare il processo sulle prove raccolte; il processo indiziario deve essere abolito o ridimensionato, non può più basarsi solo sul “libero convincimento del giudice” che è una frase del tutto avulsa da qualsiasi logica; un magistrato che sbaglia deva pagare innanzitutto in termini di carriera, secondariamente anche personalmente nel caso di accanimento nell’accusa (si veda il caso di Sollecito, ma anche il recente di Brembate).