Siamo uomini o dimissionari?

Di Gianni Baget Bozzo
27 Marzo 2003
Abbiamo visto grazie alla televisione di Al Yazeera l’immagine dei soldati americani catturati dagli irakeni

Abbiamo visto grazie alla televisione di Al Yazeera l’immagine dei soldati americani catturati dagli irakeni. Sono state descritte dalle televisioni che le presentavano come immagini sconvolgenti: ma in realtà erano una semplice manifestazione di dignità umana nelle circostanze peggiori. I prigionieri non hanno detto nulla che non fosse loro richiesto legittimamente cioè il nome e il corpo cui appartenevano o lo Stato da cui provenivano. Nessuno di loro ha offerto il minimo appoggio alla pressione cui erano inevitabilmente sottoposti. Abbiamo così avuto un’idea vera della guerra, della grandezza e della vulnerabilità a cui essa sottopone gli uomini. I prigionieri non hanno indicato alcuna motivazione ideale o politica, hanno fatto solo appello al mestiere delle armi ed alla loro professionalità di persone che ubbidiscono ad ordini. Qualcuno è stato più loquace di altri, ma ha affermato, in forma più estesa, i medesimi concetti. Gli Stati Uniti sono apparsi non come una poderosa macchina da guerra senza volto umano, ma come degli uomini comuni che ubbidiscono alle disposizioni del loro Stato e delle loro autorità militari. Non sappiamo quale effetto avranno queste immagini sul mondo arabo e musulmano cui erano dirette o sul mondo americano che esse toccavano direttamente. Esse però hanno dato a tutti il senso che gli Stati Uniti hanno giocato una partita fondata sulla qualità dei loro uomini e non solo sulla potenza delle loro tecnologie. Non so cosa penseranno di queste immagini i pacifisti, che mostrano tanto odio per l’immagine del presidente americano e per la bandiera americana: ma forse non potranno odiare gli uomini che, per il loro presidente e la loro bandiera, hanno accettato di rischiare la vita. Non credo che i pacifisti farebbero altrettanto per una pace senza oggetto, che sembra esprimere la loro volontà di trovare se stessi nella contrapposizione a un nemico a cui si attribuisce un volto inumano. Questi ragazzi americani non erano anch’essi per la pace, chi non lo è? Eppure hanno scelto di cercare la pace nella sicurezza e la libertà per sé e per un altro popolo.
Di fronte a una guerra vera, il clamore per la pace e le bandiere multicolore segnano una realtà falsa, una non realtà, perché la pace perpetua non appartiene alla storia umana. Senza la guerra al nazismo e al comunismo, l’ordine civile in cui viviamo sarebbe impossibile. Gli Stati Uniti sono stati la guida del mondo nella lotta per la libertà, hanno rischiato la guerra nucleare, hanno ottenuto un mondo in cui il progresso umano e civile non è ostacolato da nessun potere totale. Se le generazione dei nonni e dei giovani che ora manifestano fossero stati pacifisti, non avremmo avuto né Resistenza, né Liberazione, nulla di quanto oggi conosciamo di dignità civile. Essere per la pace assoluta vuol dire dare le dimissioni dalla vita reale dell’umanità, affidare la propria identità morale a un assoluto irragionevole. E il sonno della ragione genera mostri.
bagetbozzo@ragiopolitica.it

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