La deriva estremista e grillesca del Pd ha permesso al terzo polo di affermarsi. E lo spazio per prosperare non manca. Ecco come Renzi e Calenda possono conquistarlo (non certo facendo gli “esperti”)
I due leader del terzo polo Matteo Renzi
e Carlo Calenda (foto Ansa)
A volte gli errori degli altri sono più importanti delle proprie scelte ai fini del successo. È una regola che può probabilmente adattarsi al caso di Carlo Calenda e del terzo polo. Questa estate, in una manciata di giorni, il segretario del Pd Enrico Letta ha liberato Azione-Italia viva dalle proprie catene, quelle che ne facevano un satellite del Pd destinato a fare da stampella alla vecchia sinistra. La scelta di Letta di imbarcare Verdi e Sinistra italiana in vista delle politiche ha spalancato la possibilità al leader centrista di rompere con il Partito democratico e costruirsi una vita politica autonoma. Calenda lo ha fatto nel segno della continuità con Mario Draghi e sotto la pressione di Matteo Renzi e dei finanziatori di Azione, insofferenti alla convivenza con la sinistra massimalista, statalista e pacifista più per antiamericanismo che per convinzione.
Letta ha dunque incautamente acceso la miccia definitiva per l’emancipazione del terzo polo, condannando se stesso a una di...