
Siria. Strike Usa. Kerry: Sarà una guerra «non nel senso classico». Truppe sul suolo? No. O forse sì
«Lo chieda ai marines sulle navi che dovranno lanciare i missili, se si sentono in guerra oppure no». Con queste parole, Rand Paul (figlio di Ron), senatore repubblicano del Kentucky, ha accusato ieri al segretario di Stato John Kerry di voler nascondere la reale portata dell’intervento americano in Siria.
Interrogato dalla commissione Affari Esteri prima del voto del Congresso, il segretario di Stato americano aveva dichiarato che lo strike in Siria sarà limitato, e «non una vera e propria guerra nel senso classico». Rand, in tutta risposta, ha sollevato tutte le obiezioni che gli americani e la comunità internazionale nutrono sull’attacco fortemente voluto dal presidente Barack Obama.
LE OBIEZIONI DEL SENATORE. «L’amministrazione – ha ricordato ieri Rand – ha detto che dopo l’attacco Assad avrà meno probabilità di usare armi chimiche». Eppure i «rapporti dicono che non si possono bombardare direttamente i depositi di armi chimiche a causa di ciò che potrebbe accadere alla popolazione». Quindi, anche dopo l’intervento Usa, Assad avrà ancora la capacità di usare bombe al Sarin, deduce il senatore repubblicano. Dunque, prosegue Rand, perché Obama intende attaccarlo? Qual è il reale obiettivo che si prefigge il Presidente? «Tutti noi diciamo che vogliamo la stabilità in Medio Oriente, e la stabilità in Medio Oriente è un interesse nazionale per il nostro paese», ha incalzato Rand. Ma «dopo l’attacco la regione sarà più stabile, o meno stabile? – si è chiesto il senatore – Israele avrà più probabilità di subire un attacco o meno probabile? È più o meno probabile che la Russia aumenti le forniture di armi e venga coinvolta? È più o meno probabile che l’Iran venga coinvolto? E se l’Iran viene coinvolto, è più probabile o meno probabile che Israele lanci un attacco di rappresaglia contro l’Iran?».
Per Rand, il futuro di questa operazione militare è un’incognita. «Non è possibile scoraggiare qualsiasi attacco di armi chimiche», ha detto il senatore, e «ci sono molte ragioni per dire che il mondo può diventare instabile a causa del nostro intervento». Brand ha poi ricordato che l’80 per cento degli americani è contrario all’intervento: «Riceviamo chiamate a migliaia» e «nessuno sta chiamando a favore di questa guerra». Anche se «sono tutti d’accordo nel dire che gli attacchi chimici sono una cosa orrenda», gli americani «pensano che l’intervento militare non possa funzionare» ha concluso il senatore.
NESSUN INTERVENTO TERRESTRE? FORSE. Alle incalzanti domande del senatore del Kentucky, il segretario di stato John Kerry ha dato risposte contraddittorie. Prima ha escluso «assolutamente» la possibilità di «truppe americane sul terreno in Siria», poi ha detto che si tratta di una possibilità da non escludere preventivamente. L’amministrazione, ha spiegato Kerry, non ne ha «alcuna voglia», però l’intervento via terra sarebbe un’opzione ancora possibile nel caso «la Siria implodesse, o nel caso vi fosse la minaccia che un deposito di armi chimiche finisca nelle mani di cattivi elementi» del fronte ribelle. Obama potrebbe anche allargare l’intervento, dunque? «Sto pensando ad alta voce», ha risposto Kerry, dopo la richiesta di spiegazioni dei senatori. L’ipotesi di un impiego di militari sul suolo siriano fa parte di scenari che «non riguardano l’autorizzazione che l’esecutivo chiederà al Congresso», ha specificato il segretario di Stato. La proposta dell’amministrazione per la Siria riguarda attacchi aerei limitati che avrebbero luogo nel corso di pochi giorni. Ma neanche Kerry si sente di escludere un’opzione sulla quale spetta soltanto ad Obama decidere.
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