Smascheriamo pure gli imbecilli pagati da Mosca, ma poi parliamo del “partito cinese”?

Il fondatore dell’Ulivo Romano Prodi con il segretario del Pd Enrico Letta (foto Ansa)

Su Fanpage Carlo Calenda dice: «Silvio Berlusconi e Matteo Salvini in realtà non vogliono governare con Giorgia Meloni».

Se uno, crescendo alla scuola di un maestro come Luca Cordero di Montezemolo, è diventato un perfetto cazzaro, poi crederà che anche tutti gli altri siano ugualmente cazzari.

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Sul sito di Tgcom si scrive: «La premier svedese Magdalena Andersson, leader dei socialdemocratici, si è dimessa dalla carica di primo ministro».

Beati quei popoli che non hanno bisogno di governi di emergenza: la premier socialdemocratica uscente ha detto di fare in fretta perché la Svezia ha bisogno di un governo. È preoccupata per certe politiche della destra, ma sa che la democrazia si cura solo con la democrazia.

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Su Open si scrive: «“Fate sentire la vostra voce”, è l’invito che Chiara Ferragni rivolge ai suoi 27 milioni di follower su Instagram per le elezioni del 25 settembre».

Chiara Ferragni avrà influenza sul voto? Non è del tutto impossibile: un movimento scombiccherato ispirato da un clown come Beppe Grillo ha preso il 32 per cento di voti alle politiche del 2018. Però, allora gran parte dell’elettorato protestava contro una politica commissariata da Giorgio Napolitano dal 2011 in poi. Oggi qualche proposta politica positiva, sia pur confusamente, sta delineandosi, ed è più complicato l’affermarsi di una prospettiva puramente nichilistica. Comunque, anche se la nota influencer non peserà sul contenuto del suffragio, aspettatevi di vedere centinaia di migliaia di elettori recarsi alle urne con quelle ciabattine ferragniane che ben conosciamo.

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Su Dagospia si riprende un articolo di Felice Manti per il Giornale dove si scrive: «Ma è con la Cina che Letta ha un legame speciale: l’8 agosto 2019 la cinese Tojoy guidata da Lu Junqing lo ha nominato co-presidente di Tojoy Western Europe, satellite della Tojoy Sharing group, azienda legata al presidente cinese Xi Jinping, il cui obiettivo è allacciare rapporti con le imprese europee per convogliarle nella Via della Seta, strada tracciata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Che per i documenti della diplomazia Usa pubblicati dal Giornale è uno dei cavalli di Troia di Pechino. E che Letta ha blindato con un seggio sicuro».

Che vi siano imbecilli e furbacchioni anche nel centrodestra, che abbiano preso soldi da Mosca, è più o meno sicuro. Ma è questo il vero problema della politica estera italiana? Il tardo imperialismo grande russo può essere, come lo è stato il movimento comunista, un punto di riferimento di forze politiche italiane? In realtà chi veramente può condizionare i nostri orientamenti sugli scenari internazionali è la Cina, la seconda potenza economica mondiale, sempre di più un gigante anche tecnologico, dotato di una strategia mercantilistica mista all’influenza che può esercitare il suo rodato sistema poliziesco. E il nostro “partito cinese” ha ben altre risorse di quello sfigato “russo”: conta sull’influenza di una parte ampia di mondo cattolico non solo multilateralista ma anche attento alla possibilità di espansione in Cina; a questo “mondo” sono legati sia Giuseppe Conte sia Romano Prodi (grande protettore anche negli affari di Enrico Letta); il “partito cinese” ha poi un nuovo rapporto con il mondo ex comunista (da Massimo D’Alema a Francesco Boccia a Goffredo Bettini); e infine ha relazioni con quella parte del partito tedesco italiano, con un certo peso in settori dell’impresa, che sulla scia di Angela Merkel ha fatto dell’export verso Pechino uno dei volani della nostra economia. Smascheriamo pure qualche imbecille e qualche furbacchione comprato da Mosca, ma è il quadro generale che va tenuto presente. E di questo quadro fa parte anche uno strano atteggiamento degli Stati Uniti che non hanno mai polemizzato frontalmente con il nostro “partito cinese”, che si ha quasi la sensazione che venga soggettivamente usato per destabilizzare l’Italia, scelta che ha qualche utilità sia economica sia nell’indebolire geopoliticamente l’Unione Europea. Pare di capire però che, nel nuovo quadro di tensione internazionale, parte della politica americana stia ripensandoci e si auguri un vero governo solido a Roma: così le dichiarazioni non solo di Mike Pompeo ma anche di Hillary Clinton. Che un indirizzo però non sia stato ancora ben deciso, si comprende anche dal fatto che Washington non è ancora riuscita a scegliere un ambasciatore per l’Italia.

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