
Solo un potere rachitico può premiare ‘Il Caimano’ di Moretti
Come si è detto in questa rubrica, nel giorno delle elezioni, si avvertiva già un piccolissimo suono. Adesso si ode un rumore diffuso. Improvvisamente l’economia ha cominciato a funzionare. Come per magia si è scoperto che gli ordinativi delle imprese sono balzati in alto, che c’è in atto una ripresa e, ancora una volta, Mario Draghi ha invitato alla fiducia. Gli stessi giornali che fino a due settimane fa sposavano la retorica del declino si affrettano a dire che le previsioni catastrofiche del Financial Times sono destituite di fondamento. Argutamente il ministro Giulio Tremonti ha osservato che quando le cose andavano male era colpa di Berlusconi, mentre, se c’è una ripresa, è merito della Germania che ha iniziato a trainare. Nel frattempo ai David di Donatello trionfa un film mediocre, valido non sul piano artistico, ma semplicemente perché esprime il mal di pancia di una parte dell’Italia, la visione malata ed estremista secondo cui il mondo si divide in buoni e cattivi. E il cattivo in Italia è uno, insieme a tutti coloro che hanno a che fare con lui. In un recente passato abbiamo assistito all’uso strumentale della giustizia, per cui verso persone imputabili dello stesso reato, in alcuni casi, si facevano indagini ad ampio raggio, in altri casi, «senza violare la giustizia, semplicemente si metteva il faldone in fondo al plico dei procedimenti inevasi».
Questo è il pericolo di una situazione in cui un nuovo potere si deve accreditare senza avere né la forza politica né i numeri necessari per governare senza aiuti, e ha al suo interno personaggi alieni al dialogo con la parte avversa che emarginano i riformisti che la pensano diversamente. Il pericolo consiste nella forzatura della realtà, nella cultura, nell’economia, nella giustizia, nella politica. Per convincersi e convincere di non aver bisogno di nessuno, di non essere in balìa di frizioni già fin d’ora fin troppo palesi, si cerca di dare letture estremiste e apodittiche, come fanno già alcuni esponenti non di secondo piano del nuovo Parlamento. Si tagliano pezzi di realtà e, per paura di sfaldarsi, si interrompe il dialogo con esponenti culturali e politici di altri mondi. Non è l’ultimo cattivo esito di un bipolarismo che, invece di dare la stabilità, sembra voler sfasciare i tanti aspetti della vita economica e sociale che, per fortuna, nel nostro Paese, non si sono assoggettati a logiche estremiste. Chiunque, di qualunque schieramento, abbia interesse al proprio cuore e al bene comune, batta un colpo e cerchi più che mai di essere impolitico, ricercando il paragone con chi è diverso, ma è accomunato da un sincero desiderio del vero.
*presidente Fondazione per la Sussidiarietà
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