Dietro al successo della serie coreana di Netflix c'è l'altra faccia del moralismo calvinista politicamente corretto. Riflessione su bene, male, cinema e tecnologia
Selfie a Seoul davanti alla bambola-robot che in "Squid Game" uccide chi si muove durante "1, 2, 2, stella" (foto Ansa)
Qualche pensiero sul bene, il male, il cinema e la tecnologia risulta inevitabile dopo aver visto il celebre e famigerato Squid Game, serie tv coreana prodotta e trasmessa da Netflix in cui, in estrema sintesi, un folto gruppo di poveri e falliti viene portato su un'isola da un'organizzazione misteriosa. Lì devono sfidarsi tra loro giocando ai ai più classici giochi da bambini: 1, 2, 3, stella, tiro alla fune, biglie… Chi perde, viene ucciso brutalmente, l'ultimo che sopravviverà guadagnerà una montagna di soldi, più che sufficiente per risolvere i problemi economici della propria vita.
Il problema del successo e del fallimento
Innanzi tutto, il cinema, anzi le serie. Uno dei problemi che la serie sudcoreana condivide con tante parenti di ogni continente è l’essere costretta ad alzare il livello di attenzione attraverso l’estremo e il colpo di scena a tutti i costi. Squid Game unisce due universi-calamita: la violenza splatter e l’immaginazione di un mondo-lager, ruotando sulla situazi...