Via Stalin, resta Marx e un po’ d’April

Di Fabio Cavallari
11 Aprile 2002
“Che cosa succede se Ds e Ulivo sono il simulacro di una sedia?”

Nei giorni precedenti l’inizio del congresso di Rifondazione, alcuni giornali tra cui l’immancabile Repubblica, titolavano: «A Rimini andrà in atto la Bolognina di Bertinotti». Nulla di più errato. La svolta operata è un riposizionamento a sinistra. Nessun mea culpa sulla caduta del governo Prodi, nessun rientro nell’alcova ulivista ma un’innovazione profonda nella cultura e nell’agire politico. È forte il richiamo a Marx come il filosofo che pensò la politica in termini di rivoluzione, come studioso analitico dei paradigmi della società capitalista. La scommessa di Bertinotti si gioca tutta all’interno dei processi di evoluzione del “movimento dei movimenti” che da Seattle a Porto Alegre ha contaminato e si è contaminato di esperienze diverse fra loro, ma unite dalla critica al neoliberismo e alla guerra. Lo strappo più forte con il passato si intravede proprio nella collocazione in cui il PRC intende immettersi in questa realtà: come “parte tra le parti”, rinunciando all’ambizione egemonica. È una rottura profonda con l’ortodossia e la tradizione dei partiti comunisti. L’abiura dello stalinismo invece, non è una novità, ma conferma formalmente l’abbandono a qualsiasi forma di autoritarismo, di idea assolutistica del potere politico. Ma è dall’analisi sulla globalizzazione che Bertinotti trae le conclusioni in materia di rapporti con il centrosinistra: «Il governo Berlusconi è del tutto omogeneo all’ondata neoliberista e ha trovato il suo slancio anche dalle politiche dei suo predecessori». Non intravede il segretario di Rifondazione una netta discontinuità tra le due ipotesi di governo, le stesse sono delimitate più in riferimento “all’intensità” che non rispetto alla “natura e alle finalità”. L’Ulivo è morto, impossibile una sua ricomposizione. Rifondazione punta tutto sui movimenti, l’obiettivo è la costruzione di una sinistra alternativa.

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