Stato islamico. I nostri politici e intellettuali imparino dal patriarca Sako

Di Redazione
05 Luglio 2016
A Baghdad l'Isis ha ucciso più di 200 persone con un attentato kamikaze. I gesti di Sako: preghiera, richiamo, ricerca della verità, aiuto a tutti
Iraqi firefighters and civilians evacuate bodies of victims killed from a car bomb at a commercial area in Karada neighborhood, Baghdad, Iraq, Sunday, July 3, 2016. Bombs went off early Sunday in two crowded commercial areas in Baghdad. (AP Photo/Khalid Mohammed)

La strage di Baghdad non poteva che essere oscurata da quella di Dacca, dove venerdì sono stati trucidate 20 persone, tra cui nove italiani, ma nella notte tra sabato e domenica lo Stato islamico ha compiuto l’attentato più sanguinoso dell’anno. Nella capitale irachena, infatti, un’autobomba imbottita di esplosivo è esplosa nel quartiere di Karrada, nel centro, facendo più di 200 morti e altrettanti feriti.

«STRAGE CONTRO L’UMANITÀ». Davanti a una tragedia di queste proporzioni, è ammirevole il comportamento tenuto dal patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako, come descritto in un articolo di AsiaNews. I politici e intellettuali dell’Occidente avrebbero molto da imparare. Prima di tutto il presule si è recato sul luogo dell’attentato e ha pregato con e per i familiari delle vittime, praticamente tutti musulmani: «Ho visto genitori cercare i propri figli fra le macerie, erano disperati perché non li trovavano. Ho acceso qualche candela, poi ho pregato con loro, con queste famiglie, condannando questa strage contro l’umanità, contro la religione».

RICHIAMO AI POLITICI. Poi si è rivolto ai responsabili civili, a coloro che dovrebbero garantire la sicurezza degli iracheni, chiedendo di «mettere da parte gli interessi personali e rafforzare l’unità, la coesione nazionale. È necessario proteggere la vita e le proprietà dei cittadini. Ora tocca al governo e alla classe politica promuovere la riconciliazione, andare al di là degli interessi personali, della cultura settaria, della violenza e della vendetta. Il popolo chiede pace, aiuto».

«CANCRO PER L’ISLAM STESSO». Il patriarca non ha potuto fare a meno di andare anche alla radice del problema, senza paura di risultare politicamente scorretto. Per questo, dopo aver condannato l’ideologia dell’Isis, «una vera e propria bomba atomica che vuole mietere più vittime possibili», si è rivolto alle comunità islamiche: «Il mondo musulmano deve condannare questa ideologia e cercare mezzi pratici per superarla. Serve un insegnamento moderato dell’islam, che pratichi la tolleranza e la convivenza, la collaborazione e il rispetto dei diritti umani. Deve avvenire un cambiamento all’interno della stessa religione musulmana, perché il terrorismo e le violenze sono un cancro per l’islam stesso».

AIUTO AI MUSULMANI. Nessuno ha confuso questo richiamo come un attacco, anche perché, in qualità di responsabile del patriarcato, si è sempre prodigato per aiutare musulmani e cristiani, entrambi vittime della guerra: «Ho mandato 50 mila dollari alle famiglie di profughi di Fallujah e Anbar e abbiamo aiutato almeno 2 mila famiglie musulmane. Ora aspettiamo Mosul, dove dobbiamo mostrare anche in quel contesto la nostra solidarietà».

Foto Ansa/Ap

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2 commenti

  1. Ramses

    L’islam è il nuovo nazismo.
    Nessuno si sognerebbe mai di accettare questa ideologia politica in virtù di un certo numero di nazisti “moderati”…(che, ai tempi di Hitler, erano la maggioranza in Germania).
    Peccato che il genere umano non si decida a imparare dagli errori passati.

  2. Mi dispiace per il patriarca, ma questo non è possibile: i germi dell’intolleranza e della violenza sono intrinseci dell’Islam, in quanto non è una religione ma un’ideologia totalitaria, che regola tutto della vita dei suoi adepti, pure l’ordine in cui tagliarsi le unghie dei piedi e come dormire, oltre a quali e quante tasse pagare, per esempio. L’unico modo per abbattere il Daesh è distruggerlo manu militari, e l’unico modo per riuscire a conquistare libertà e pace in quei Paesi è anzitutto abbattere la serpe saudita, e poi con delle vere e proprie rivoluzioni da parte delle minoranze. Tanto, in quei Paesi la libertà non sanno neanche cosa sia, dato che da secoli vivono sotto il più spietato regime totalitario di sempre, figuriamoci la democrazia.

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