Sua Eminenza Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga:«Il cammino da seguire si chiama Dottrina sociale della Chiesa»

Di ANGELA AMBROGETTI
23 Maggio 2011
In occasione del Congresso di Iustitia et Pax sulla Mater et Magistra e dell'Assemblea di Caritas Internationalis a Roma è intervenuto il Cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga. Sua Eminenza ha parlato con i giornalisti dell'importanza della Dottrina sociale della Chiesa, ancora oggi poco conosciuta

Ha lo sguardo luminoso e parla lentamente, come per fare arrivare meglio i pensieri, il cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga. E’ nato a Tegucigalpa, sangue maya nelle vene dicono le biografie, Giovanni Paolo II lo ha scelto come primo cardinale nelle storia dell’Honduras. E’ salesiano e anche francescano, scelto “ad honorem”, ma anche realmente attivo. Ha insegnato come maestro e come professore di teologia e chimica. Uno degli uomini di punta della Chiesa in America Latina e anche per questo sempre molto esposto. A Roma nei giorni scorsi ha partecipato al Congresso di Iustitia et Pax sulla Mater et Magistra, poi alla Assemblea di Caritas Internationalis. E’ disponibilissimo a incontrare la stampa e gli amici.

 

Ma perché la Dottrina sociale della Chiesa è così poco conosciuta, sembra un segreto bene custodito. Sorride. «Perché anche negli stessi ambiti cattolici non ci si crede. Quando insegnavo nella scuola salesiana, c’era un corso di Dottrina della Chiesa. Si parlava dei principi e gli allievi erano convinti della bontà di queste idee. Dieci anni dopo ho ritrovato degli ex allievi e molti di loro avevano fatto gli studi negli Stati Uniti, ad Harvard o a Chicago, non credevano più nella Dottrina sociale della Chiesa. Si nella scuola salesiana si insegnava, ma nelle università statunitensi dicono tutto il contrario e allora, queste sono cose da preti. Ora grazie a Dio dopo i grandi documenti come quelli di Giovanni Paolo II, che tra le tante cose belle e buone che ha fatto ha dato un grande impulso alla Dottrina sociale della Chiesa, e il compendio va un po’ meglio. Conosco un paese in cui il presidente appena iniziato il suo mandato ha chiesto al vescovo i manuali della Dottrina sociale della Chiesa per i componenti del suo gabinetto di governo e ha detto: dobbiamo studiare e mettere in pratica questi principi. Noi vescovi invece abbiamo un po’ paura di parlarne, perché qualcuno dice: il prete si mette in politica. Ma che significa? Questo è il Vangelo applicato alla realtà sociale ed economica. Io sono un grande sostenitore della Dottrina sociale della Chiesa e sono convinto che è un messaggio di liberazione per tanti sistemi ingiusti».

Una vera teologia della liberazione senza l’inquinamento del Marxismo?
«Si, io insegno nel mio seminario Dottrina sociale e Teologia della liberazione. Certo non si può parlare univocamente di Teologia della liberazione, ci sono state parecchie correnti. E quella vera, buona come ha detto Giovanni Paolo II, è quella purificata dal marxismo. Non è un segreto che alcuni non vedendo vie di uscita hanno pensato che l’unica possibilità fosse la lotta armata. E questo ha portato tanti morti, come a San Salvador. Ne ho parlato con l’ausiliare che ha lavorato con Romero e con altri quattro vescovi e oggi dice: quella lotta non è arrivata da nessuna parte. Perché la violenza non può costruire, non può liberare. Invece c’è una Teologia della liberazione molto sana, ufficiale. Ci sono due Istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede che sono sconosciute. Io dico ai miei seminaristi: il vostro lavoro di questo semestre sarà leggere le due istruzioni, e scoprono che sono bellissime. Però purtroppo sono solo i titoli dei giornali che fanno opinione e nessuno legge i testi davvero. Ma io penso che il cammino da seguire per un mondo giusto si chiami Dottrina Sociale della Chiesa».
 

 

Basta rispettare il rapporto tra giustizia e carità insomma?
«Negli anni 70 si pensava che non si dovesse dare per carità quello che si deve dare per giustizia, perché era credenza comune che la carità fosse elemosina. E in molti siamo cresciuti con questa idea. Ma per fortuna sia Giovanni Paolo II a proposito di dottrina sociale nelle sue tre encicliche sociali sia papa Benedetto nella Deus Caritas est hanno superato questa falsa divisione, la giustizia e la carità sono insieme perché vengono dallo stesso Dio. L’amore fa si che si possa fare la giustizia che è la promozione della persona con tutti i suoi diritti».

Oggi manca una visione nuova dell’economia che sia guidata dal bene comune perché purtroppo dopo la crisi del 2006 che ha avuto il vertice nel 2009, penso che ancora manchi per la economia mondiale la prospettiva del bene comune.  Si pensa soltanto al bene particolare e a al “si salvi chi può” . E’ necessario promuovere di più, soprattutto nella evangelizzazione dei politici, la grande verità del bene comune perché non possiamo favorire un sistema economico che arricchisce pochi. Quando ci sono differenze troppo grandi tra ricchi e poveri vuole dire che il sistema deve cambiare, un sistema che produce ineguaglianza è un sistema ingiusto.

Nelle riunioni del FMI quando mi occupavo del problema dell’annullamento del debito dei paesi in via  di sviluppo  chiedevo sempre: dove sono i premi Nobel dell’economia che possono essere capaci di trovare un sistema più equo che possa portare a più sviluppo per tutti non soltanto per piccoli gruppi? Non ho mai avuto una risposta fino a quando una volta durante una pausa mi si è avvicinato un consigliere e mi ha detto: non lo chieda più, perché loro non vogliono trovarlo si trovano bene con questo sistema e non cambieranno mai. Ma per me rimane questa la domanda principale: dove sono i grandi dell’economia incapaci di trovare un sistema migliore. Perché ci deve essere. Per questo Dio ha dato l’intelligenza all’uomo: per trovare strade migliori».
 

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