Suicidio assistito e relazione di cura

Di Marco Botturi
19 Febbraio 2024
La proposta di legge spinge a incamminarsi in una riflessione profonda per procedere in un progresso reale che non sovverta dalle fondamenta una società riuscita, capace di prossimità di cura

La Proposta di legge per l’aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto suicidio assistito, è arrivata anche in Lombardia. Depositata dall’Associazione Luca Coscioni per mano del suo Tesoriere e portavoce Marco Cappato, lo scorso 18 gennaio come proposta di iniziativa popolare, è stata ritenuta ammissibile nei giorni scorsi dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale e dunque passerà ora all’esame e al voto della Commissione Consiliare e poi eventualmente dell’Aula.

Questa iniziativa di un piccolo campione di popolazione è un fatto che pone un grande interrogativo ad un sistema sanitario imponente ed incerto, ricco di risorse ma impoverito di significato e credibilità. Così tutti siamo sollecitati a ripensare al sistema di sicurezza sanitaria che è cresciuto con la nostra cultura e la nostra dedizione di pensiero, d’opera e di economia.

La relazione di cura

La relazione di cura, tra paziente e medico, è il fatto originario che giustifica e fornisce valore ad ogni organizzazione dell’intervento sanitario e a qualsiasi aspetto della sua gestione politica. Queste ultime, organizzazione e politica, sono legittime solo nella loro dimensione irriducibile di servizio alla prima, relazione di cura.

La relazione di cura, che costruisce la medicina scientifica, straordinaria nella sua dinamica ricchezza, ha la natura di un rapporto biunivoco che sta e cresce nell’apporto continuo dell’un fattore all’altro, paziente e medico.

La relazione di cura esprime l’attuarsi di un avvenimento strutturale dell’umano, la capacità di prendersi cura, indispensabile per la consistenza e per la stabilità di ogni donna e uomo.

Ogni intervento che deprime uno dei due fattori della relazione di cura ha valenza gravemente negativa perché sottraendo l’apporto dell’uno all’altro degrada irreparabilmente la fisionomia dell’umano. La decadenza del sapere medico ed il degrado della sua capacità di intervento, l’impoverimento della cultura sociale, sono il risultato inevitabile e visibile.

L’eventualità che la organizzazione sanitaria nella sua gestione politica possa muoversi per opporsi e dissolvere la relazione di cura propone da parte dell’istituzione e di ogni suo componente un illecito non ammissibile.

Operatori, pazienti, istituzioni

La proposta di iniziativa popolare svela dunque la circostanza di dover incamminarsi in una riflessione profonda per procedere in un progresso reale che non sovverta dalle fondamenta una società riuscita, capace di prossimità di cura. Oggi ci sono numerosi ambiti nei quali la medicina può fare di più e meglio, esistono come quelli del fine vita ampi settori senza protezione, vittime di un cattivo esercizio del potere.

Agli operatori professionali si prospetta di riaffermare con decisione l’estraneità da un loro ruolo di prestatori d’opera per conto d’altri, siano pure complessa organizzazione e governo politico. Ma nel contempo di produrre con convinzione l’appropriatezza del proprio inesauribile impegno come soggetto dell’azione e responsabile della tutela e della crescita della relazione di cura. I professionisti della salute possono vivere in modo più sano il rapporto con l’Istituzione, esigenti ma perché più impegnati. Gli operatori della salute possono studiare di più, possono essere presenti meglio e più a lungo.

Ai pazienti si prospetta di vivere l’esperienza del bisogno, anche estremo, e della fatica della cura, in nessun modo come una sconfitta priva di senso, una ingiustizia, ma come personale e insostituibile contributo al rapporto umano che sa costruire civiltà e benessere, governare risorse e relazioni, fino a cambiare servizi ed organizzazione. Il periodo di sofferenza estremo ha un suo profondo valore di significato per tutti. Proprio nel percorso estremo dove viene meno dolorosamente ogni capacità di produrre, qualsiasi efficienza le donne e gli uomini sanno svelare la straordinarietà della loro origine, della traccia incancellabile che li anima.

All’Istituzione e ai suoi componenti si prospetta di riappropriarsi con decisione della funzione di servizio dedicato alla relazione di cura, a entrambi i fattori che la costituiscono, fino a garantirla e proteggerla. Infatti la relazione di cura non appartiene, perché precede, perché non è prodotta né dalla organizzazione sanitaria né dal suo governo politico, ma vive solamente del rapporto stretto, ricco di stima, positivo con essi.

Un passo di progresso

Il dover misurarsi con l’iniziativa popolare spinge ad un cammino insieme verso una rinnovata consapevolezza ed un progresso reale della capacità di intervento professionale in ambiti nei quali l’assistenza riesce tante volte insufficiente e lascia ancora grande sofferenza e solitudine. Ma in queste circostanze così acute c’è ancora tanto da conoscere, da studiare, ci sono ancora risorse da dedicare e prossimità da prestare.

Così i medici pur con le loro difficoltà non meritano l’imposizione di essere chiamati dalla Istituzione e dal suo governo politico alla distruzione della natura della loro fisionomia e non ne sono per nulla disponibili. Sono al contrario all’opera perché la medicina risulti efficace anche oltre i limiti finora conosciuti.

Allo stesso modo l’organizzazione ed il suo governo politico meritano la valorizzazione e la fiducia per l’intenzione di servizio che hanno maturato nel tempo e che diventa essenziale per animare l’intera convivenza umana.

Nel medesimo senso i pazienti segnati dal bisogno meritano di essere sostenuti in tutti i loro aspetti, accompagnati e favoriti, conosciuti nelle loro manifestazioni fino dentro la via della loro esperienza estrema.

Oggi è il tempo nel quale è possibile, lealmente ed insieme, un passo di progresso: prendere posizione di fronte a chi non stima l’umano con le sue possibilità, sia nella sua versione professionale sia di essere sofferente, non l’apprezza e preferisce sostituire a vicende reali sue immagini talora sfigurate. Non sapendo come comportarsi in una circostanza che gli suscita profonda emozione ed allarme reagisce per screditare tutti gli attori.

* L’autore è medico chirurgo

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