
Superare la categoria di Berlusconi nemico assoluto. È il compito del leader di un vero Partito democratico
Veltroni potrebbe essere il passaggio della sinistra italiana verso l’abbandono della politica come definizione del nemico che è fondata sulle sue radici rivoluzionarie. Il filone legalitario della sinistra risale alla storia del Pci, che si sentì forza identificante di un nuovo Stato, la Repubblica, e di una nuova Costituzione. E il principale nemico contro cui i Ds si definirono fu il Psi perché, soprattutto differenziandosi dalla radice sovietica, volevano porsi come l’unica strada del riformismo italiano. I Ds si inserirono così nel socialismo europeo e in quello internazionale sulla base del principio che essi erano di fatto il socialismo italiano: Craxi stesso aveva aperto loro le porte del socialismo europeo. Ma questo passaggio non funzionò nell’elettorato italiano. Fu proprio la parte della società italiana legata alla persona, alla famiglia, alla proprietà privata, all’impresa, a negare loro fiducia e a mantenere la differenza che vi era stata tra i partiti democratici occidentali, distrutti dalla magistratura milanese e autodissolti. Essa si espresse creando un blocco ideale, sociale e politico attorno alla persona di Silvio Berlusconi.
Mentre l’operazione europea era riuscita, quella italiana non funzionò: e perciò i Ds trasferirono contro la maggioranza di Berlusconi l’ostilità che essi avevano avuto contro quella di Craxi e della Dc a lui alleata. Non a caso essi hanno distinto bene la sinistra democristiana di Ciriaco De Mita da quella tradizionale. E hanno mantenuto con essa l’intesa dei tempi della prima Repubblica.
La novità di Veltroni è nel fatto che il segretario del Pd dialoga con Berlusconi, ma si è vista la difficoltà che egli incontra nel passaggio dalla bozza Bianco uno alla bozza Bianco due. L’idea del riconoscimento dell’avversario come compartecipe di un accordo elettorale che lo faccia il partner di principio del sistema politico non è passata.
Il problema che si pone dinnanzi a Veltroni è fondamentale: accetta la sinistra di superare la categoria del nemico? Ci possono essere grandi intese sui fatti. La sinistra, quando ha avuto la maggioranza, non ha toccato le questioni che riguardano Berlusconi come presidente di Mediaset: ma, da questo a riconoscerlo come rappresentante in blocco culturale, sociale e politico, alternativo alla sinistra sta un grande passo. Esso chiederà del tempo perché il governo Prodi ha importato nel paese una differenza di sentimenti che non hanno una fisionomia ideologica, ma sono ostilità alla persona come simbolo della impermeabilità del paese alla sinistra come riformatrice di esso. L’estraneamento non è dovuto tanto ai Ds quanto allo stesso Prodi, ma il presidente del Consiglio ha interpretato filoni viventi nella militanza, che è la forma politica dell’elettorato di sinistra. Il presidente li ha giocati sino a suscitare quasi un linguaggio di classe, che non esiste più nella realtà.
Veltroni dovrebbe perciò impersonare l’inserimento della sinistra italiana in quella realtà tradizionale, fondamentalmente conservatrice, che è il popolo italiano. Un popolo che ha subìto rivoluzioni ma non le ha mai fatte. La rivoluzione fascista fu imposta al popolo con un colpo di Stato del re. Venne dalla corona e dai poteri forti di allora, ma non dal popolo. Avere imposto un linguaggio di sinistra, anche estrema, alla direzione del governo, ha finito per fare sì che la linea legalitaria dei diessini fosse surclassata a sinistra e dallo stesso Prodi. Come è apparso nella questione del delitto Reggiani di Roma, nell’impedimento del discorso del Papa alla Sapienza e in genere nella subalternità del governo di Prodi al linguaggio di Rifondazione e degli altri partiti di sinistra radicale. Ora Veltroni è chiamato a rivedere quella politica e questo significa incidere sulla stessa storia dei Ds e sulla lotta originaria contro il riformismo socialista da Turati a Craxi. Si tratta di un vasto compito.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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