
Superbia
Settimana passata in Israele. Tutto procede normale in guerra davanti alla discordia datata, con i cristiani in mezzo. Davanti al muro del pianto leggo un pezzo del libro Sulla tracce di Cristo del direttore Amicone che chiede a don Giussani in viaggio in Israele cosa ne pensa del rapporto tra le diverse religioni nel paese. «Nella figura di Gesù si ritrova come il cuore, cioè la concretezza dell’umano. Ad esempio nell’ebraismo il culto delle tombe è bellissimo, perché è espressione della continuità della razza, della forza della stirpe. Ma se pensiamo a Cristo, per il quale un bambino ha un valore eterno, perché il suo angelo vede il Padre che sta nei cieli, ci accorgiamo che nel cristianesimo il riconoscimento della dignità dell’uomo non ha alcuna mediazione. Per questo Cristo ha dimostrato una passione e una compassione senza fine per la persona. Nella realtà maomettana, che è sincretista e che riprende valori ebraici e cristiani, è come se non fosse interpretato adeguatamente cosa sia l’uomo. Negli uni c’è come un sovrano disprezzo di ciò che è diverso. È come se l’ebraismo esalti l’aspetto intelligente e razionale dell’uomo e l’islamismo le esigenze più immediate e istintive. Nel cristianesimo invece avviene un’esaltazione dell’umano nella sua totalità. Il Dio cristiano è Colui che piange su Gerusalemme, cioè sulla propria patria. È il Dio che guarisce la Cananea, una donna che non era della sua stessa razza. Vale a dire è il Dio che abbraccia l’umano e premia la fede».
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