Superbia

Peccatori di tutto il mondo unitevi. Anzi, uniamoci. Sull’Espresso del 1° marzo Eugenio Scalfari con la sua solita lucidità morale ci ha spiegato che chi sbaglia non può affrontare gli argomenti del proprio errore se non trattandoli come questioni prettamente personali, cioè non come materie di leggi valide per tutti. Guai a chi “predica bene e razzola male”, ammonisce Scalfari, e guai a Pierferdinando Casini ed Emilio Colombo, che sono rei confessi di peccati contro la famiglia e dunque nulla dovrebbero obiettare sui Dico. Ci si impone il divieto di discernere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto, se siamo stati ingiusti noi. Non ci resta che decidere il giudice, il detentore della morale, che ovviamente non potrà che essere lo Stato come ente supremo, certificatore della verità e della giustizia. Guai ai drogati se parleranno contro la legalizzazione delle droghe, guai agli omosessuali se condanneranno i Dico, guai ai divorziati se parleranno bene del matrimonio, guai agli stupratori se condanneranno le violenze, guai a chi, riconoscendo un proprio limite, dichiari che il bene sta prima e oltre quel limite. È la fine dell’umanità così come la conosciamo, inizia il tempo di chi “predica bene e razzola bene”. Scalfari mi ha convinto, potrò così soprassedere al brano evangelico che dice che nel giorno del giudizio le meretrici mi saranno davanti. Però mi desta anche una domanda: ma con tutte le cazzate che ha scritto Scalfari in vita sua, come si permette di scrivere ancora?

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