
Superbia
Un altro furbetto in carcere. Quanta soddisfazione traspare dalle cronache dell’arresto di Danilo Coppola, borgataro dal taglio di capelli lombrosiano. Un altro arrembante finito, decimato, poi poco importerà l’esito processuale, non poteva permetterselo di insinuarsi nel gotha della finanza, e non si insinuerà. Delle sue vicende giudiziarie sappiamo ben poco e non mi addentro di sicuro, la magistratura fa il suo lavoro e speriamo bene (cioè speriamo lo faccia meglio che in passato). C’è invece molto da capire sui piani paralleli di questa vicenda. Per i pubblici ministeri vale il dovere di intervenire d’ufficio nei confronti di chi viola la legge (l’obbligatorietà dell’azione penale) ma tale obbligo non sussiste per i giornali e i giornalisti. Ora, premesso che – come hanno sottolineato i commentatori economici più liberi – giri, rigiri e piroette fiscali sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti, e sono realizzati anche dalle più blasonate società, c’è da chiedersi dove trova motivo l’obbligatorietà dell’azione giornalistica così orchestrata. Non è in discussione la libertà di stampa, per difendere la quale ci faremmo anche arrestare. La domanda è più semplice: dove si decidono e chi sceglie le inchieste ridicolmente farraginose che hanno l’unico scopo di indicare alcuni personaggi come obiettivi sensibili da colpire poi con l’obbligatorietà dell’azione penale? Saperlo (già conosciamo giornalisti e giornali) sarebbe un bel contributo alla libertà di stampa.
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