Superbia

Alla morte di Polly, pur col mio voto contrario, è stato deciso “all’unanimità” di comprare un altro cane. La sorte ci ha portato in casa Harry, cucciolo Jack-Russell. Per via dell’inverno e delle attenzioni necessarie nei primi mesi di vita Harry è sempre stato in casa, condividendo in tutto e per tutto la vita delle tre figlie (sorelline), del figlio (fratellino), della moglie (la tenera madre) e di Nancy, la filippina (la sua filippina). La mattina colazione insieme, poi mentre tutti studiano lui sta sul giornale, forse a leggere. A cena a tavola si intromette nel gran chiacchiericcio senza emettere urla animali, ma interloquendo distintamente. Poi si accomoda accanto a qualcuno per il film della serata, addormentandosi solo davanti a Santoro e Costanzo. Quando con la bella stagione ha cominciato a uscire per il brunch, ha incontrato altri cani. Ma lui, impaurito, davanti ai suoi simili scappa. Siamo stati dal veterinario che dopo una attenta visita ci ha consigliato lo psicologo (dei cani, ovvio). Harry si sente un uomo e non ne vuol sapere di mischiarsi coi cani. Così l’abbiamo iscritto al corso con lo psicologo canino che pian piano gli insegnerà a intrattenere rapporti di amicizia coi suoi simili e a dialogare con loro (non più solo con noi sui Dico e su Visco).
Due osservazioni esistenziali: 1) se perfino un cane, con un po’ di attenzioni, si crede un uomo, basterebbero poche attenzioni a un uomo per farlo sentire tale; 2) saremo mica una famiglia di pirla?

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