Il gesuita olandese, assassinato da un jihadista a Homs nel 2014, non ha mai voluto abbandonare i pochi cristiani rimasti. Il racconto di un amico sacerdote
In questi anni, il suo monastero è diventato un rifugio per cristiani e musulmani. L'altro giorno scriveva: «A Palmira hanno ucciso molta gente decapitando centinaia di persone. Pregate per noi».
Il gesuita olandese è stato assassinato lo scorso 7 aprile, non aveva voluto lasciare la città in mano ai ribelli per non abbandonare i pochi cristiani rimasti
Dopo tre anni di assedio, lo storico quartiere, dove in passato si concentrava la maggior parte degli abitanti cristiani della città, è tornato sotto il controllo governativo.
I gesuiti olandesi ricordano la figura del loro confratello missionario in Siria: «Ci auguriamo che il suo sacrificio sia fruttuoso e possa ispirare tanti a seguire la stessa strada di Cristo»
«Ha sempre fatto del bene a tutti, con gratuità e amore, e perciò era amato e stimato da cristiani e musulmani. La sua brutale uccisione mi ha riempito di profondo dolore». E poi il nuovo appello per la pace
Il gesuita olandese si trovava in Siria da 50 anni. A febbraio aveva dichiarato nell'ultima intervista: «Qui su decine di migliaia di cristiani, ne sono rimasti 66. Come potevo lasciarli soli?»
Padre Frans van der Lugt, 76 anni, racconta via Skype la situazione della città: «Tra tre settimane al massimo non ci sarà più niente da mangiare. Qui su decine di migliaia sono rimasti 66 cristiani»
Il ministro degli Esteri a Unomattina parla del gesuita rapito in Siria «da una versione locale di al Qaeda» e anche del giornalista della Stampa Domenico Quirico: «Non ci diamo per vinti»