TAGLI ALLE TASSE, NON SOLO UN DOVERE

Di Gianni Baget Bozzo
04 Novembre 2004
Il punto di solidità della posizione del presidente del Consiglio sta nell'aumentare investimenti e consumi con la riduzione della pressione fiscale

La sconfitta elettorale della Casa delle Libertà ha riacceso i temi della verifica sulla finanziaria. Ma non sembra che essi diano luogo a una crisi di governo come suggerisce l’intervista di Gianfranco Fini a Il Corriere della Sera. Una crisi di governo sarebbe troppo dannosa alla maggioranza e a tutte le sue componenti visto che la verifica del 2004 non le ha portato fortuna. Il compromesso è inevitabile e l’uscita del vice premier è destinata a influenzare soltanto, al massimo, un rimpasto di governo.
Pesa sulla Casa delle Libertà la diversa composizione dei suoi elettorati e della sua sensibilità, il baricentro di Forza Italia e della Lega è al Nord, quello di Udc e Alleanza Nazionale al Sud. Vi sono anche differenze culturali, Forza Italia ha una cultura liberale e antistatalista nelle sue vene, non è così An e nemmeno l’Udc. Le tradizioni politiche di uno e dell’altro partito hanno una concezione di Stato come realizzatore della giustizia nella vita sociale. La loro adesione alla concezione liberale e ai rapporti tra Stato ed economia è avvenuta più come cedimento al fatto della globalizzazione piuttosto che come scelta di principio.
Il punto di solidità della posizione del presidente del Consiglio sta appunto nel fatto che la possibilità di aumentare investimenti e consumi con la riduzione della pressione fiscale è un dato obbligatorio per ogni politica economica nel tempo del mercato globale. Forza Italia ha dunque una cultura fondante che è spinta dalla dinamica stessa della realtà.
Il pensiero liberale è marginale nell’Europa del Novecento ma negli anni 2000 esso si impone con la realtà dei fatti che riportano in campo gli antichi princìpi.
La Casa delle Libertà è nata da questa percezione collettiva che Berlusconi ha impersonato e che è alla base della sua decisione di riduzione delle imposte. è per questo che Berlusconi non intende rinunciarvi, non vede la riduzione delle imposte come una vera voce della finanziaria, ma come una misura avente valore di messaggio, quello di far capire ai cittadini che lo Stato li vuole contribuenti in misura minore per lasciare più spazio ad essi come persone. Solo per questa via si può considerare più aperta una ripresa economica del paese.
L’Irap è una imposta iniqua sulle imprese e il governo prevede di diminuirla, ma l’abbassamento dei criteri delle imposte in generale ha in sé il valore di dare più spazio a tutti i contribuenti e renderli maggiormente protagonisti della vita economica del paese.
Berlusconi rimarrà fedele alle sue aliquote perché ciò è imposto dalla cultura liberale come alternativa allo statalismo e dalla necessità di rendere l’Italia più competitiva nel mercato globale.

bagetbozzo@ragionpolitica.it

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.