C’è una Tasi nascosta dietro ogni bonus bebè. Ma quanto può durare l'”effetto polverone” di Renzi?

Di Alfredo Mantovano
27 Ottobre 2014
Si solleva un gran clamore per la proposta (ancora non scritta) del governo sulle unioni gay. Intanto al Senato passa il divorzio breve con effetti devastanti

unioni-civili-gay-repubblicaMercoledì 15 ottobre Repubblica ha annunciato con enfasi la prossima presentazione da parte del governo di un disegno di legge sulle unioni civili, sul modello di quello già operante in Germania, e inclusivo della possibilità di adottare, se pur limitata al compagno di una persona che ha già un proprio figlio. La notizia ha riempito i tg e i quotidiani, si sono lette posizioni pro, contro e a metà, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio onorevole Scalfarotto – grazie di esistere! – ha esultato dicendo che «l’unione civile non è un matrimonio più basso ma la stessa cosa. Con un altro nome per una questione di realpolitik»…

Mentre il polverone mediatico si occupava di ciò che non era stato ancora scritto nemmeno come proposta, il Senato approvava – con eco e contrasti di gran lunga inferiori – la legge di conversione del decreto cosiddetto “taglia liti”; un provvedimento che contiene due norme, gli articoli 6 e 12, per le quali la separazione e il divorzio sono decisi sull’accordo delle parti davanti a due avvocati o a un impiegato del Comune invece che andando al presidente del Tribunale, come è avvenuto finora. Con danno per la parte più debole e per i figli minori o disabili, la cui posizione non viene rilevata se manca il vaglio diretto del giudice; con danno per la possibilità – una su mille, meglio di nessuna – di riconciliazione, se il relativo tentativo da parte del presidente del Tribunale è eliminato; con danno per la natura del matrimonio, trasformato in un contratto privatistico, se può essere sciolto saltando il passaggio giurisdizionale. Una sostanza grave, accompagnata dalla sommarietà del modo, mentre la materia avrebbe preteso una discussione approfondita.

renzi-barbara-d-urso-selfie-instagramUn po’ come succede a Roma
Domenica 19 il contenitore mediatico non è stato più Repubblica, ma Canale 5: ospite di Barbara D’Urso, il premier Renzi ha annunciato che dal 2015 ogni mamma avrà un assegno mensile di 80 euro per il figlio che metterà al mondo, fino ai tre anni di vita del bambino. È stata la prima notizia nei tg delle 24 ore successive e sulle prime pagine dei quotidiani di lunedì. Solo qualche testata, con minore evidenza, ha precisato che il bonus non interesserà tutte le nascite, bensì chi rientrerà in fasce di reddito da stabilire; ma questi sono dettagli (non per chi ne sarà escluso): quel che interessa pure qui è il clamore su ciò che ancora non c’è e che è di là da venire.

Quello che invece c’è è il pagamento della Tasi, cui gli italiani hanno provveduto poche ora prima del lancio renziano relativo ai nuovi nati. E a proposito della Tasi poco o nulla si è letto o sentito dai media circa la penalizzazione delle famiglie con figli che essa ha comportato: mentre l’Imu, pur criticabile, contemplava detrazioni parametrate al carico familiare – un forfait di 200 euro, con l’aggiunta di 50 euro per ciascun componente del nucleo familiare – nessuna detrazione è stata prevista per la Tasi; l’effetto è stato che nel 2014 una famiglia su due ha pagato molto più dell’Imu del 2012.

Se il metodo è voluto, per il momento funziona: si previene la reazione su norme che ci sono e che provocano effetti negativi, spostando l’attenzione su provvedimenti futuri ancora da definire. Un po’ come ha fatto il sindaco Marino con la pantomima della trascrizione delle nozze gay: giusto per ottenere chiasso con cui coprire la vergogna dell’aumento delle rette per gli asili nido. Quanto dura l’effetto polverone? Risposta semplice nella teoria e complicata nei fatti: quanto decideranno di farlo durare le persone e le famiglie che la pensano bene, ma ancora non vanno in piazza a dire chiaro e forte che così non va.

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1 commento

  1. Giulio Dante Guerra

    Bravo Alfredo, ogni tanto una voce giusta si sente! E che ne dici, tu che sei un giurista, dello “jus soli”? Non rischia di fare avere in casa, alla prossima generazione, una tribù di jihadisti, almeno potenziali, con tanto di cittadinanza e passaporto italiano, liberi così di spostarsi per il nostro paese e per l’Europa, senza possibilità di controllo?
    P.S. A chi potrebbe obiettarmi che un magistrato, “prestato” per diversi anni alla politica, e tornato in magistratura a “prestito” scaduto, non è esattamente un “giurista”, faccio presente che Alfredo è anche l’autore di diversi libri e articoli su problemi della giustizia, fra l’altro, cosa rarissima, comprensibili anche a noi cittadini qualunque, perché scritti in italiano, e non in “giuridichese”.

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