Te Deum per avermi fatto vedere che tutto è “nuovo” dopo otto anni di carcere

Un giovane detenuto racconta la mattina in cui per la prima volta dopo anni ha varcato al contrario la soglia della prigione. La paura per la libertà ritrovata, poi lo stupore, infine la gratitudine

Martino (il nome è di fantasia) è un giovane di 26 anni, da otto è detenuto nel grande carcere di massima sicurezza alle porte di Milano. Ne avrà per altri cinque. Si è laureato in Economia e lo scorso mese ha ottenuto la semilibertà per frequentare un master in università. A un amico che lo va a trovare il fine settimana ha raccontato com’è andata quella mattina di ottobre quando per la prima volta ha varcato al contrario la soglia del carcere.
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«È troppo facile morire per le cose buone e belle, per la patria, i figli, la civiltà… Ma ci voleva un Dio per morire per gli indifferenti e i corrotti» (Graham Greene, Il potere e la gloria). Già, ci voleva e ci vuole adesso. Un Dio per noi brutti e corrotti, che abbiamo ferito e ammazzato. Un Cielo da implorare perché ci lavi dalle mani questo sporco di sangue che non vuole andare via. Ci vuole un Dio e un Dio c’è.

Il primo giorno di libertà assomiglia a una seconda nascita. Dovrei esser...

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