
Teoria e buon senso
Giorni fa ho sentito attaccare il buon senso, con disprezzo e pesantezza: l’uomo intelligente non dovrebbe affidarsi, nei suoi giudizi, al buon senso, ma a Teorie. E poiché le Teorie le sanno maneggiare in pochi, solo pochi possono permettersi di giudicare, nonché di sapere, e in ultima analisi di governare anzi comandare. L’attacco al buon senso è parte del disegno generale di un nuovo schiavismo generalizzato: non più con ceppi o servitù della gleba, ma “funzionale” si dice oggi, lasciando la materialità alla sola guerra come liberalità funzionale. Un disegno ancora a tratteggio, ma con lineamenti. Che significa “buon senso”? Significa la corretta pretesa logica di disporre personalmente di una competente facoltà di giudizio prima di ogni Teoria. Ciò per il solo fatto di disporre: 1° di sensi, proprio quei bravi cinque sensi e senza bisogno di un “sesto senso” né di “una marcia in più”; 2° della facoltà di pronunciare, senza tribunale superiore, la frase: questo è un beneficio, o un maleficio, per me e altri. Il modello del buon senso è quello evangelico del cieco nato che, ai Teorici che ne disprezzano il giudizio, replica: ciò che so è che prima non ci vedevo e adesso ci vedo, e questo giudizio vale come primo nel discorso.
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