
Testimone di una promessa
Sommersi. Ogni giorno nuove immagini di ferocia, come se si fosse ingaggiata un’atroce gara. E ciò che ancora non è mostrato viene preannunciato: mai visto niente di così orribile, fanno sapere da una stanza blindata del Pentagono, e si parla, sottovoce, di bambini. Dall’altra parte, un ragazzo in video recita come una preghiera i nomi dei suoi, prima d’essere sgozzato come una bestia, e gioiosi gli uomini – uomini? – di Hamas brandiscono ciò che resta dei soldati israeliani appena uccisi. Nessuna Antigone fra le mura di Gaza piange e sfida la morte per seppellire quei corpi: bestiale l’umanità come sempre, se ancora qualcuno si illudesse che, col progresso, si diventa più buoni.
Sommersi, e sfogli con sfinimento le pagine dei quotidiani, con la fretta di arrivare in fondo. Ma inciampi in una notizia magra, una colonna a sinistra sul Corriere. Torture, leggi, e stai per correre via con lo sguardo. Ma è una storia diversa. Sì, un altro morto ancora. E ammazzato, dopo cinque giorni di sevizie, 26 coltellate, a Faisalabad, Pakistan. Ma, riferisce l’Agenzia Fides, Javed Anjum, 19 anni, cattolico, è morto pur di non recitare il Kalma, il credo musulmano. I suoi aguzzini per cinque giorni, fattolo prigioniero in una scuola coranica, hanno infierito. In tanti contro un ragazzo. E in fondo, bastava recitare quelle parole per avere salva la vita. Bastava poco, per sfuggire all’orrore e tornare, libero, a vivere – a 19 anni. Sarebbe stato sufficiente un sì. «È morto come un autentico martire» ha detto il vescovo di Faisalabad, Joseph Coutts, davanti ai fedeli silenziosi. Martire, che vuol dire testimone. Come ai tempi di san Giustino, nel II secolo, a Roma, durante la persecuzione di Marco Aurelio. Sul patibolo per testimoniare Cristo. Si scrisse in quei tempi: Sanguis martyrum, semen christianorum, a spiegare la prodigiosa fioritura della Chiesa nel primo millennio. Nella Tertio millennio adveniente, il Papa annunciava una nuova stagione di estrema testimonianza. In Asia, in Africa, fra i fedeli, fra i missionari, eccola.
Ma è un’altra morte, quella del ragazzo pakistano, pure massacrato in questi giorni come molti altri, e forse in un identico modo. Se la fine dei soldati fatti a pezzi, o delle mille vittime di cui non sapremo mai, è orrore che rischia di sommergerci, è il buio del Venerdì Santo, la morte di questo adolescente sconosciuto è già promessa. Lui, ha scelto, ed è morto per Cristo. E forse, in qualche taverna di Faisalabad, dei giovani assassini ora si stanno domandando come mai quel ragazzo all’apparenza come tanti altri non abbia ceduto – e chi sarà mai questo Cristo, per giocarci la vita così.
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