Tettamanzi (forse) a Milano. E a Roma?

Di Gianni Baget Bozzo
11 Luglio 2002
La nomina dell’arcivescovo di Milano è significativa perché essa è considerata in qualche modo come una designazione al papato

La nomina dell’arcivescovo di Milano è significativa perché essa è considerata in qualche modo come una designazione al papato: soprattutto se sarà il cardinale Tettamanzi, che è da tempo indicato come un forte candidato alla successione di Giovanni Paolo II. In particolare sembra il candidato più omogeneo alla linea della morale della vita fisica cui Giovanni Paolo II ha dato tanta rilevanza nel suo magistero. Ma sarà questo il tema fondamentale che governerà la scelta del successore di questo Papa? Il problema posto dalla Humanae Vitae pesa ancora sul mondo cattolico. Essa non è qualificata una dottrina né de fide credenda né de fide tenenda, ma parte di una dottrina a cui si deve religioso ossequio. Così pure il problema della ammissione all’Eucarestia dei divorziati risposati ha aperto una tematica particolarmente viva nel mondo tedesco ed anglosassone. E problemi più radicali sono sollevati, come quelli del celibato ecclesiastico, nemmeno essa una questione di fede, mentre de fide credenda è stata definita dal Cardinale Ratzinger la questione del sacerdozio femminile, come risulta dai documenti sia di Paolo VI che di Giovanni Paolo II. Altri problemi, pure essi non de fide, vengono sollevati come il concorso delle diocesi alle elezioni dei vescovi, il ruolo dei nunzi pontifici, il ruolo deliberativo del Sinodo dei vescovi. Sono tutti problemi che non riguardano la fede, ma sono pure di un rilievo grandissimo nella struttura della Chiesa, ed era in funzione di essi che il Cardinale Martini aveva sollevato l’ipotesi di un terzo Concilio Vaticano. Era stato proprio il cardinale Tettamanzi ad annunciare che essa non era stata presa in considerazione. Ci sono molti segni che riguardano la fine del pontificato di Giovanni Paolo II simili a quelli che accompagnarono la fine del pontificato di Pio XII. Tra l’altro il sentimento che sia papa Pacelli che papa Wojtyla erano figure fisicamente irripetibili. Né la ieraticità di Pio XII né la comunicatività di Giovanni Paolo II sono trasmissibili con la tiara pontificia. Forse è proprio questo che rende possibile l’idea che aiutò Giovanni XXIII a modificare la figura del Papato: un Concilio Ecumenico. L’autorità di Giovanni Paolo II ha bloccato un dibattito, ma non lo ha chiuso; non è la totalità della gerarchia cattolica che si riconosce nella linea dell’attuale pontefice. E questa è un’altra similitudine con la fine del papato di Pio XII. Certo è possibile pensare, come chiede il cardinale Ratzinger, che la Chiesa si occupi di Dio e quindi di riforma teologica, mistica e liturgica. E che siano lasciati da parte i problemi di riforma dell’impianto storico del Papato romano. Anche questa è una possibilità, quella in cui speriamo contra spem.

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