Tornano i vecchi burattinai
Hekmatyar e Haqqani. Per i più generosi è stato un colpevole errore. Per i più sospettosi una pugnalata alle spalle. Il nocciolo della questione è tutto nell’ambiguo accordo dei primi d’agosto con i capi tribali del Waziristan. Con quel patto Pervez Musharraf sostiene di aver convinto i capi tribali del Waziristan a togliere ogni appoggio ai combattenti talebani e ad Al Qaeda. Visto dal confine afghano dove la presenza dei talebani è sempre più pressante quell’accordo sembra un via libera alle forze del mullah Omar. Secondo le forze della coalizione da agosto in poi gli attacchi dei talebani al confine con il Waziristan si sono triplicati. Per l’analista Nasrullah Stanziai dell’università di Kabul il patto sembra «un tentativo ben orchestrato di destabilizzare il governo afghano».
A rincarare la dose contribuisce ora uno studio d’intelligence inglese “allungato” alla Bbc durante la tappa londinese di Musharraf. Secondo quel documento dietro l’accordo c’è di nuovo la lunga mano dell’Isi, i servizi segreti pachistani responsabili nella prima metà degli anni 90 della nascita e dello sviluppo del movimento talebano. I generali dell’Isi, accantonati dopo l’11 settembre, avrebbero ripreso ad appoggiare il mullah Omar e i suoi alleati attraverso i gruppi integralisti pachistani. La stessa politica insomma degli anni 90 quando il movimento talebano germogliò dalle scuole coraniche dell’area tribale. Alcuni bizzarri atteggiamenti di Musharraf segnalerebbero la sua condizione di ostaggio consenziente nelle mani dell’Isi. Le rivelazioni sulle minacce americane dopo l’11 settembre di «riportare il Pakistan all’età della pietra» in caso di mancata collaborazione nella guerra al regime dei talebani vengono lette come una giustificazione rivolta ai vecchi capi dell’Isi. Sarebbero loro ad aver forgiato l’accordo con i leader tribali del Waziristan permettendo persino l’apertura di un ufficio dei talebani nel capoluogo provinciale di Miranshah.
A render ancor più evidenti le mosse dei vecchi burattinai pachistani sono le attività “pachistane” di Gulbuddin Hekmatyar e Jalalluddin Haqqani. I due comandanti pashtun, veterani della guerra ai sovietici, sono da sempre i referenti preferiti dei servizi segreti pachistani. Furono loro ad ospitare le avanguardie del fondamentalismo arabo arrivato negli anni 80 a combattere in Afghanistan. Furono loro a i destinatari delle migliori forniture di armi americane convogliate attraverso il Pakistan. Sono loro oggi a guidare i combattenti talebani dall’area tribale pachistana. Haqqani comanda i talebani nella provincia di Zabul direttamente dal Waziristan. Gulbuddin Hekmatyar opera dalle aree tribali pachistane di Dir e Bajur. Ma anche i più importanti organi decisionali dei talebani, le shura di Qetta e di Peshawar, come testimoniano i nomi dei capoluoghi, sono nel cuore del Pakistan. A cinque anni dalla sconfitta talebana il confine pachistano-afghano sembra insomma il nuovo regno del Gattopardo. Un regno dove cinque anni fa qualcuno deve aver deciso di cambiar tutto per non cambiar nulla.
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