Lettere al direttore

Tornare ad educare al pensiero critico (cioè “scomodo”)

Di Emanuele Boffi
18 Ottobre 2023
Occorre riappropriarsi di un pensiero critico che sappia essere libero di fronte alle mode del tempo. Il ciclo di incontri di Nonni 2.0

Caro direttore, complimenti vivissimi per l’articolo di Annalisa Teggi sulla “gioventù truccata”, nel quale, ancora una volta, viene, di fatto, denunciata la grave carenza educativa degli adulti, che, dal ’68 in poi, hanno rinunciato ad educare, il che sta producendo gli attuali frutti deleteri e infernali: tanti (troppi) giovani che nascondono in tutti i modi il loro vero volto, pur di allontanare da sé le vere domande sulla vita e sul senso che essa ha.

Proprio per cercare di dare un contributo al fine di opporsi positivamente a questo sfacelo, l’associazione NONNI2.0 ha pensato ad una serie di incontri (clicca qui per il programma completo) tesi a proporre che venga ripristinato un “patto tra generazioni”, che dovrebbe avere l’effetto più evidente proprio sul versante educativo, come ha raccomandato anche papa Francesco, parlandone più volte anche durante le giornate in Portogallo per l’incontro con i giovani. Tale alleanza, infatti, dovrebbe chiarire a tutti che nessuno di noi viene dal nulla, ma è stato creato gratuitamente dentro una storia, che fa parte integrante della consistenza della propria personalità. I nonni, con la loro semplice esistenza, sono i testimoni credibili di questa storia; i loro figli dovrebbero applicare ai tempi nuovi ciò che hanno ereditato; i nipoti dovrebbero pescare in questa storia i criteri con cui affrontare i tempi nuovi, ponendo a chi li hanno preceduti le nuove domande che tengono sempre “inquieti” questi poveri adulti. Con questa iniziativa, è chiaro che i nonni non pretendono di trovare la soluzione ad ogni problema, ma desiderano offrire a tutti un contributo su di un aspetto che la cultura tragicamente individualista dei nostri tempi sta cercando di cancellare.

Il primo degli incontri proposti si tiene mercoledì 18 ottobre, con un tema scomodo: “Alleanza intergenerazionale per un pensiero critico”. Perché scomodo? Molti mi hanno chiesto: “Ma perché pensiero critico“? Perché, purtroppo, per tornare ad educare (è la loro responsabilità principale) gli adulti devono avere il coraggio di sfondare il muro del pensiero unico (diventato totalitario), che oramai li rende vergognosi anche solo di dire le verità più semplici circa il vero volto dell’uomo e quindi lasciano uscire di casa le loro figlie praticamente in mutande e lasciano i figli a perdere tempo in cose sempre più banali (a “truccarsi”), con la scusa che così fan tutti.

Occorre riappropriarsi di un pensiero critico che sappia essere libero di fronte alle mode del tempo. È ciò che auspica Annalisa Teggi alla fine del suo inquietante articolo: occorre che vi siano veri “maestri” (genitori, nonni, insegnanti) che sappiano “struccare l’anima”, affinché i giovani siano in grado di ritrovare il loro vero volto, che non è quello che la cultura e la finanza di oggi vogliono imporre acriticamente a tutti, anche agli adulti.

Peppino Zola via email

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Buongiorno direttore, oggi vorrei parlarti della musica dal vivo, ma non i concerti a pagamento di artisti famosi che riempiono palazzetti o stadi. La musica dal vivo la si può trovare nei locali, nelle feste o nelle sagre. Musicisti non professionisti che un po’ per divertimento, un po’ per arrotondare, suonano nel proprio territorio. Facendo parte anche io di questo movimento, ho notato negli anni i suoi cambiamenti. Negli anni ’90 noi suonavamo i Beatles e i Rolling Stones, fuori tempo, andavano per la maggiore le band con i brani di Vasco e Ligabue. Poi mi sono dato al blues, ma andavano forte gli Oasis e i Blur. Ho suonato in un gruppo Folk, proprio quando era di moda, ma è durato molto poco. Alla fine ho provato con un power trio, ma non ho trovato né la classe né il pubblico interessato. In tutti questi anni esisteva un genere che non conosceva crisi, ovvero la musica da ballo. Nelle feste di paese la musica chiamata “liscio” era sempre presente, e per quei musicisti gli ingaggi erano facili e succulenti. Ora sono pochi, e la motivazione è elementare, e si chiama ricambio generazionale. Quel pubblico da balera ai nostri occhi erano gli anziani danzanti, ma ora quell’età che a noi sembrava lontanissima è la nostra età. Ed anche la mia generazione è presente nelle sagre, ma la musica da ballo non è più la stessa.

Le mazurche e i valzer sono stati sostituiti dalla musica italiana commerciale e di successo. La mia generazione vuole cantare e ballare qualcosa di conosciuto, ed allora vai di 883, Ricchi e Poveri, Righeira, tormentoni difficilmente dimenticabili. Purtroppo le canzoni prendono il sopravvento al valore delle band, tanto che potrebbero essere sostituite da un dj con gli stessi brani, ed i danzatori cantanti continuerebbero la serata senza accorgersi del cambiamento. Mai avrei pensato di rimpiangere le orchestre in stile romagnolo, tutte stereotipate con un capo banda più anziano alla chitarra, una giovane cantante ed almeno sei o sette musicisti in attesa della parcella di fine serata. La nostalgia spesso mi fa apprezzare quello che in passato ritenevo inascoltabile.

Spero che questo sentimento non offuschi il mio gusto artistico, per questo ti prego direttore, se ti dovesse arrivare una mia lettera dove decanto la poesia ed armonia di “Luglio col bene che ti voglio”, non pubblicarla.

Antonio Azzarito via email

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