Tra dieci anni non ci saranno più ebrei in Francia

Di Leone Grotti
02 Febbraio 2018
Il caso del bambino ebreo picchiato perché indossava la kippa, rivela il crescente antisemitismo del paese. Numeri e storie
La resistenza passa anche attraverso i graffiti. E fa da contraltare pi˘ creativo e colorato alla piazza della memoria per eccellenza, quella place de la Republique che a distanza di 10 mesi dalla strage di Charlie Hebdo, si Ë riempita di nuovo di candele, fiori e bigliettini. Dall'altro lato della piazza, su un muro di compensato usato da mesi come 'tela' dai writers, ci sono i pensieri 'di pancia' dei parigini pi˘ giovani. Un gruppetto di loro si Ë ritrovato lÏ nel pomeriggio con bombolette e pennelli per lasciare le proprie tracce di resistenza. E' il caso della scritta gigantesca, su sfondo nero, che riprende il motto di Parigi (il latino 'Fluctuat nec mergitur', naviga e non affonda) compreso lo stemma della nave. Oppure il graffito pi˘ naif dominato dalla scritta 'Pray for Paris' e accanto il simbolo della pace stilizzato con la torre Effeil. Pi˘ immediato lo slogan 'No pasaran', che ha avuto i complimenti anche di un poliziotto che passava di lÏ. L'unica writer della piazza ha scelto un disegno pi˘ elaborato: un bambino con i lacrimoni che tiene in mano una bandiera della Francia, macchiata di sangue. Sotto, onde nere e attorno note musicali insanguinate, tanto per non scordare quel concerto al teatro Bataclan sporcato da violenza e morte. ANSA/MICHELA SUGLIA

«Se le cose vanno avanti così, tra dieci anni dovrete contarci sulle dita di una mano». È sconsolata Dalia, madre ebraica sulla quarantina, da sempre residente a Sarcelles. Contrariamente ad altre banlieue alle porte di Parigi, Sarcelles ha sempre avuto il rassicurante soprannome di “piccola Gerusalemme”, a causa della sua popolazione multiculturale appartenente a tutte le religioni in grado di vivere unita e in modo pacifico. La presenza ebraica nel Comune di 60 mila abitanti è sempre stata forte e rispettata, ma lunedì si sono risvegliati antichi fantasmi dopo che un bambino ebreo di otto anni, facilmente riconoscibile perché portava in testa la kippa, è stato aggredito e picchiato da due 15enni. Non si sa ancora chi siano i responsabili, ma il primo ministro francese Edouard Philippe ha parlato di «nuova forma di antisemitismo violento e brutale che si esprime in modo sempre più forte sul nostro territorio». Moise Kahloun, presidente della comunità ebraica di Sarcelles, non è stupito da quanto accaduto: «Sorpreso? No, perché è da anni che tira una brutta aria. Siamo preoccupati e la comunità è molto inquieta», ha dichiarato al Figaro. «Non è più come un tempo», rivela a 20 minutes Alain, residente nella zona. «Sempre più persone sono vittime di insulti o piccole aggressioni. Per questo in tanti hanno fatto come mia moglie e mio figlio: se ne sono andati dalla Francia. Sono tornati in Israele».

FRANCIA ANTISEMITA. La cosiddetta “aliyah” (ritorno) è un fenomeno preoccupante e in crescita nella République. Da quando Mohamed Merah, nel 2012, ha ucciso a Tolosa tre bambini e un rabbino davanti a una scuola ebraica, l’immigrazione verso Israele è aumentata. La Francia è rapidamente diventata il primo Paese d’origine degli “olim” (immigrati), registrando 2.000 partenze nel 2012, 3.000 nel 2013, 7.231 nel 2014 e oltre 8.000 nel 2015. Quest’ultimo non è un anno qualunque, ma quello in cui si è verificato il primo grande attentato dello Stato islamico all’Occidente, quando nel gennaio furono presi di mira a Parigi la redazione di Charlie Hebdo e il supermercato Hyper Cacher. Nel 2016 il numero delle partenze è sceso a 5.000 e per il 2017 non sono ancora stati diffusi dati ufficiali ma si parla comunque di 40 mila ebrei che hanno lasciato la Francia in dieci anni su una comunità di appena mezzo milione. Un record negativo molto preoccupante, che si unisce a un altro: la Francia è lo Stato europeo con il numero più alto di atti antisemiti (4.092 dal 2005 al 2015). «Gli ebrei hanno contribuito molto alla costruzione dell’Europa e se pensiamo che ora non si trovano più bene, vuole dire che qualcosa non funziona. L’Europa dovrebbe farsi qualche domanda», disse l’anno scorso Daniel Benhaim, direttore generale dell’Agenzia ebraica.

ALIYAH INTERNA. La situazione non è inquietante solo a Sarcelles. Nel 2017 infatti si è intensificato un fenomeno chiamato “aliyah interna”, che riguarda quegli ebrei che lasciano le loro case per trasferirsi in altre zone della Francia. È il caso della famiglia di Daniel, che dopo aver vissuto per 17 anni in un appartamento a Seine-Saint-Denis, se ne sono andati. Al ritorno dalle vacanze, infatti, hanno trovato nella cassetta della lettere un plico contenente un proiettile di kalashnikov. Sui muri del palazzo invece era stato scritto con la bomboletta spray: «La prossima pallottola sarà per voi! A morte gli ebrei!». A novembre Daniel si è trasferito («non potevamo più vivere nella paura») anche se non vuole rivelare dove. Il suo caso non è isolato se sono vere le statistiche dell’Ufficio nazionale di vigilanza contro l’antisemitismo, secondo cui in dieci anni 60 mila ebrei residente nell’Île-de-France sono fuggiti in parti della Francia più sicure.

IL SOGNO ISRAELE. Anche i dati ufficiali del Governo francese per quanto riguarda gli atti razzisti, antimusulmani e antisemiti non sono rassicuranti. Nel 2017 rispetto al 2016, infatti, sono diminuiti gli atti che il ministero degli Interni qualifica come antisemiti (da 335 a 311) ma sono aumentati i casi di «violenza a carattere antisemita» (da 77 a 97) e gli attentati contro luoghi di culto o edifici ebraici (da 23 a 28). In generale, fa specie che oltre la metà di tutti gli atti razzisti che si verificano in Francia riguardino la comunità ebraica, che rappresenta appena l’1 per cento della popolazione complessiva. Come se non bastasse, il ministro dell’Interno, Gérard Collomb, condannando l’aggressione del bambino di Sarcelles, ha dichiarato: «Dall’inizio del 2018 si sono moltiplicati gli atti antisemiti. Simili attentati mettono in pericolo l’intera nazione».
Come nel resto del Paese, anche a Sarcelles il risultato è uno solo: «Sempre più persone vogliono andarsene», dichiara al Figaro il deputato socialista François Pupponi, ex sindaco del Comune: «Siamo sommersi da domande di cambio residenza. Ma se chiedi a queste persone quale sia il loro sogno, rispondono tutti la stessa cosa: “Israele”».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Articoli correlati

1 commento

I commenti sono chiusi.