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Trent’anni dovrebbero bastare a smaltire la sbronza giustizialista

Di Emanuele Boffi
19 Gennaio 2022
Il decreto Cartabia contro i processi in piazza sarebbe un'ovvietà dopo decenni di Mani pulite. E invece la stampa forcaiola lo chiama "bavaglio"
Un'aula del tribunale di Milano
Un'aula del tribunale di Milano (foto Ansa)

La chiamano, con somma fantasia, la “legge bavaglio” e arrivano persino a dire che «cancella la realtà» (addirittura). Lo scrive L’Espresso, uno dei giornali che in questi trent’anni di Mani pulite si è reso più responsabile del clima mefitico che si respira in Italia. Stiamo parlando del decreto 188 con cui il guardasigilli Marta Cartabia ha cercato di dare una raddrizzata al malcostume – molto italiano – del processo in piazza, il circo mediatico giudiziario, lo sputtanamento dell’indagato a mezzo stampa. Una storia che va avanti da trent’anni, a partire da quel 17 febbraio 1992, giorno in cui fu arrestato il socialista Mario Chiesa, l’inizio di Tangentopoli.
Come scrive Lodovico Festa su queste pagine, quella di Mani pulite è una storia compiuta, ma non risolta e l’opposizione dei giornali manettari (il Fatto, Repubblica e L’Espresso su tutti) al decreto 188 è la conferma di questa “non risoluzione”.
Non avessimo avuto la rivoluzione giudiziaria, della riforma Cartabia non ci sarebb...

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