
Trentadue anni fa la strage di Bologna. Oggi si indaga sulla pista palestinese
Il 2 agosto 1980 alle 10.25 esplodeva l’ordigno nel deposito bagagli della Stazione di Bologna che uccise 85 persone. Nei processi conclusi 15 anni dopo, per la strage sono stati condannati in via definitiva, come esecutori, i terroristi neri dei Nar Giusva Fioravanti e Francesca Mambro e in seguito Luigi Ciavardini. Dopo 31 anni, alla fine di agosto 2011, la Procura di Bologna ha iscritto nel registro degli indagati per un’inchiesta bis sulla strage due nomi nuovi: i terroristi di estrema sinistra tedeschi Thomas Kram e Christa Margot Fröhlich. Due nomi che però non sono affatto nuovi, e che negli ultimi decenni più volte sono tornati in relazione a stragi e misteri d’Italia, come ha raccontato tempi.it con una dettagliata inchiesta.
I nomi di Kram e Fröhlich vengono collegati alla cosiddetta pista palestinese, un’ipotesi che spiega la strage di Bologna come una ritorsione del gruppo Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Giusva Fioravanti proprio in questi giorni, e come ogni anno, ha scritto una lettera aperta a Il Giornale proclamando la propria innocenza e quella della Mambro e indicando proprio la pista palestinese. Fino alla svolta delle indagini in procura, tuttavia, quest’ipotesi è sempre stata avversata come un tentativo di “depistaggio” dal ruolo dei Nar messo in atto dalla destra. Ciononostante, indizi e testimonianze di uno scenario di terrorismo internazionale dietro ciò che accadde il 2 agosto ’80 sono stati raccolti, in una serie di inquietanti parallelismi, nelle decennali indagini di ben due commissioni parlamentari, la Stragi e la Mitrokhin, attraverso interrogazioni parlamentari e nel corso di un processo – completamente dimenticato – degli anni ’80 sui traffici di armi tra Brigate rosse e Olp, che vide coinvolti anche i vertici dei servizi segreti di fine anni ’70. Così come è avvenuto anche nelle indagini condotte dal magistrato Rosario Priore (Ustica e il Caso Moro, per citarne due), che su Bologna lo hanno portato a dire: «Credo che siamo stati molto “provinciali”, ci siamo sempre limitati a contesti completamente italiani, mentre dovevamo raccordarci anche con ipotesi più vaste che chiamavano in causa e pesantemente altri stati ed organizzazioni fuori dal nostro territorio».
Come in un intricatissimo giallo internazionale, che dopo anni però trova alcuni riscontri, dietro la strage di Bologna si stagliano un grande terrorista internazionale, Ilis Ramirez Sanchez detto Carlos lo sciacallo, e il fantasma di Aldo Moro e di quello che è divenuto noto come Lodo Moro, insieme ai nomi di agenti dei Servizi segreti dell’epoca, come Stefano Giovannone. La pista palestinese vede infatti come possibile movente della strage l’arresto e la condanna in Italia di Abu Anzeh Saleh, un terrorista di stanza in Italia per il Fronte popolare per la liberazione della Palestina ma anche braccio armato del gruppo terroristico internazionale Separat di “Carlos”. Dall’arresto di Saleh (in seguito al ritrovamento di alcuni lanciamissili) e dalla sua condanna, diverse furono le segnalazioni nell’ambiente dei Servizi nostrani di possibili ritorsioni del Fplp. A ricordare tali pressioni è stato anche Francesco Cossiga (nel 1980 presidente del Consiglio).
Nel luglio 2005, infatti, Cossiga ha raccontato pubblicamente per la prima volta del «burrascoso incontro notturno a Palazzo Chigi» con i responsabili dei servizi segreti dell’epoca, seguito proprio all’arresto di Saleh. Racconta Cossiga: «Mi fu esibito un documento, un telegramma dell’Fplp a me indirizzato, con il tono di chi si sente offeso per l’atto che ritiene compiuto in violazione di precedenti accordi, mi contestava il sequestro dei missili e mi chiedeva la restituzione. Si trattava evidentemente di uno dei fatti legati all’accordo, mai dimostrato per tabulas ma notorio, stipulato sulla parola tra terrorismo palestinese da una parte e dal governo italiano dall’altra, quando era per la prima volta premier l’On. Aldo Moro, al fine di tenere l’Italia al riparo dagli atti terroristici di quelle organizzazioni. (Sulla strage, ndr) rimane il dubbio grave che si sia trattato di un atto di terrorismo arabo o della fortuita deflagrazione di una o più valigie di esplosivo trasportato dai palestinesi…».
Le indagini attualmente in corso a Bologna convergono in particolare su due nomi che sarebbero quelli dei presunti attentatori, appunto quelli di Kram e di Fröhlic. I loro nomi sono emersi in relazione all’attentato bolognese nel corso delle indagini delle Commissioni parlamentari di inchiesta Stragi e Mitrokhin, ma anche nelle indagini del giudice istruttore Priore. È emerso per esempio che Kram e Fröhlic, entrambi protagonisti di azioni terroristiche con Separat, misteriosamente, erano giunti a Bologna la notte dell’1 agosto, e ripartiti il 2, mentre già il 3, un documento della Stasi (i servizi segreti della Ddr) appena ritrovato prova che Kram si trovasse a Berlino est (questo al contrario di quello che ha sempre detto Kram, il cui alibi è stato di trovarsi per una vacanza di più giorni in Italia che il 3 agosto lo vedeva come turista a Firenze). Secondo l’agenzia stampa Dire il pm titolare dell’inchiesta bolognese conta di poter interrogare presto Kram e Fröhlic, ed è questo il senso di una rogatoria presentata poco tempo fa alla Germania, che ha risposto solo dicendo di averla smistata ai Land in cui attualmente i due vivono. In attesa di novità ulteriori, moventi e protagonisti della strage rimangono però ancora nel buio. Da quel 2 agosto ’80, alle 10.25.
Articoli correlati
2 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Secondo me è stata un’azione congiunta fra BR, anarchici informali, fronte popolare palestinese, ETA, IRA… Insomma, tutto tranne i fascisti per favore.
la storia italiana e il comportamento dei nostri politici, sia di oggi che di ieri, legittima tutte le teorie complottistiche fiorite da anni e quelle che verranno.