Dietro all'allineamento delle big tech con il nuovo presidente ci sono anche la paura del sorpasso cinese, il regime di censura imposto dai Democratici e l'esigenza di rompere con il clima woke. Rassegna ragionata dal web
Da sinistra, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Sundar Pichai ed Elon Musk durante l'insediamento di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti (foto Ansa)
Sulla Nuova bussola quotidiana Eugenio Capozzi scrive della «impressionante mancanza, in questi giorni, di adeguate riflessioni sull'importanza del fatto che Trump – a differenza che nel 2017 – oggi vede sostanzialmente allineata al suo fianco tutta la grande aristocrazia big tech in nome di un progetto di crescita nazionale e di "balzo in avanti" tecnologico ed economico. Un quadro che evidenzia le differenze abissali tra le risorse di know how, capitali e innovazione oggi a disposizione degli Stati Uniti e la soffocante rete di dirigismo e iper-regolamentazione che trascina l'Ue verso il fondo; bene esemplificata dalla differenza tra lo stato avanzatissimo del programma spaziale per le comunicazioni portato avanti da Musk (più di 6.000 satelliti già in orbita) e quello europeo, tecnologicamente arretrato e ancora allo stadio preparatorio».
Capozzi inquadra quella che è la decisiva novità del Trump 2024 rispetto al Trump 2016: il rapporto con la big tech.
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