Tutti pazzi per gli integratori, dall’Inghilterra all’Italia la pillola va giù

Di Elisabetta Longo
07 Novembre 2012
È di circa due miliardi il giro di affari legato alla vendita di integratori alimentari. Non sempre necessari, ma tanto di moda. E il mercato ringrazia.

All’uomo moderno, sempre più paranoico e ossessionato dalla forma fisica, non basta più nutrirsi. Dotare la dispensa di confortanti barattolini vitaminici è un dovere per sette inglesi su dieci, che quest’anno hanno investito in pillole di salute 358 milioni di sterline, un bel 2,7 per cento in più rispetto allo scorso anno.

IN RETE. I costi degli integratori aumentano assieme al bisogno della popolazione di contrastare l’invecchiamento con pillole a base di cocktail di vitamine o di olio di fegato di merluzzo, una volta somministrato dalle nonne con il cucchiaio, ora disponibile in comode pastiglie. Gli americani, sempre i primi a lanciare le mode, non hanno paura di mettere sul mercato confezioni extralarge di amminoacidi di ogni tipo e proteine che vendono ai palestrati di tutto il mondo, al solo scopo di far aumentare la massa muscolare in fretta. Su Internet in pochi clic si può acquistare di tutto, non c’è che l’imbarazzo della scelta e della sostanza (legale, ma dai benefici dubbi). È sufficiente scrivere la parola “integratore” su Google e si srotolano di fronte agli occhi un’infinità di risultati.

IN ITALIA. Anche gli italiani si dimostrano molto interessati a questi prodotti. Lo dimostra la ricerca di Federsalus, l’Associazione nazionale dei prodotti salutistici, che registra un totale di 137,5 milioni di confezioni vendute, con un incremento del 7,8 per cento rispetto al 2011, per un giro di affari del valore di 1,9 miliardi di euro. Le previsioni per il 2013 danno ancora una fase di crescita, dovuta anche al fatto che l’età media della popolazione cresce e cresce anche il bisogno di stare in forma. Con qualche pillola in più.

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