
Ucraina. Niente è più insensato e atroce della battaglia di Bakhmut

Ogni singolo giorno centinaia di soldati russi, anche 800 quando gli scontri sono più cruenti, muoiono o vengono gravemente feriti nel tentativo di conquistare la città di Bakhmut. Altrettanti ucraini perdono la vita per difenderla. La battaglia va avanti ininterrottamente da agosto, ma è a novembre che Bakhmut è diventata un «tritacarne», il teatro cioè della più grande e inutile carneficina della guerra in Ucraina.
Guerra di trincea a Bakhmut
Ora si capisce perché in otto anni di conflitto, nel Donbass, i separatisti filorussi non sono mai riusciti ad avanzare nella regione di Donetsk se non di pochi metri. Gli ucraini infatti hanno scavato un dedalo di trincee, nelle quali si sono asserragliati, aspettando l’arrivo del nemico, che è costretto per avanzare a lanciare attacchi frontali. I soldati che si gettano in campo aperto vengono facilmente falciati dalla prima linea ucraina, che a sua volta viene bombardata senza sosta dall’artiglieria russa.
I russi procedono secondo la tattica consueta: incessanti assalti frontali che impediscono ai difensori ucraini di respirare, mentre altri battaglioni stritolano la città da settentrione e da meridione, finendo per accerchiarla, impedendo i rifornimenti e ponendo Kiev davanti a un’ultima scelta: ritirarsi o morire fino all’ultimo uomo con l’unico scopo di uccidere quanti più russi possibile.
I carcerati russi e i giovani ucraini inesperti
La battaglia di Bakhmut assomiglia, dicono, a quella di Verdun durante la Prima guerra mondiale: la più violenta e sanguinosa di tutto il fronte occidentale, dieci mesi in cui morirono secondo alcune stime fino a 300 mila persone.
I russi lo sanno e così ad attaccare frontalmente le trincee senza difese né riparo ci mandano i carcerati, carne da cannone perfetta. Non per conquistare un metro in più di terra: lo scopo è piuttosto tenere occupati i fucili degli ucraini. Anche i generali di Volodymyr Zelensky sanno che Bakhmut richiede vite da sacrificare e così tengono le truppe migliori nelle retrovie, lasciando che i colpi di artiglieria russi, fino a 300 al giorno, seppelliscano i più giovani e inesperti. I più inutili in guerra.
Palazzi distrutti, crateri e cadaveri
L’esercito russo ha ormai accerchiato la città: solo una strada collega Bakhmut al resto del territorio in mano a Kiev. Una via costantemente bombardata e quasi inagibile. Quando verrà presa, resistere non avrà più senso. Fino ad allora, però, si combatte via per via e strada per strada. Ma chiamare le arterie di Bakhmut vie e strade è quasi un insulto.
Non resta più nulla di ciò che comunemente si chiama città a Bakhmut, come mostrano i video girati dai droni. Nella città fantasma rimangono in piedi solo scheletri di cemento, palazzi sfondati, pareti di case diroccate, mozziconi di alberi grigi. Le strade sono ricoperte di macerie e cadaveri che nessuno si preoccupa più di raccogliere, depositati in fondo ai crateri scavati dai missili.
L’Ucraina invia nuovi rinforzi a Bakhmut
Il New York Times ha scritto ieri che «l’Ucraina sta inviando rinforzi a Bakhmut», senza specificare quante truppe esattamente saranno processate per il «tritacarne». Tra le righe si legge lo stupore degli analisti: a che cosa serve caricare la città di altre vittime? Forse «per fornire supporto logistico nel caso gli ucraini decidano di ritirarsi». Forse per prolungare ancora questa follia.
Ed è tanto più insensata la battaglia di Bakhmut se si considera che, secondo i vertici militari degli Stati Uniti, la città non è affatto importante dal punto di vista strategico. È solo una delle tante. Averla o perderla, a sentire i generali americani, non cambierà in alcun modo la guerra.
La logica della guerra
Ma i ragionamenti strategici non interessano a nessuno ormai. Pare che Vladimir Putin abbia chiesto ai suoi generali di conquistare tutto il Donbass entro la fine di marzo. L’obiettivo è impossibile, ma dopo tante sconfitte l’esercito non può fare a meno di ottenere almeno una vittoria degna di questa nome.
E così, nonostante il numero esorbitante di vittime, i russi avanzano e guadagnano terreno, ondata dopo ondata. Gli ucraini hanno già terminato una seconda linea difensiva, del tutto simile a quella davanti a Bakhmut, a protezione di Kramatorsk e Sloviansk, le città che contano davvero e che Kiev non può a nessun costo perdere. Potrebbero ritirarsi senza difficoltà, ma proseguire conviene: mai prima d’ora erano riusciti a uccidere così tanti soldati russi e così facilmente.
Bakhmut, simbolo di che cosa?
«Bakhmut è un simbolo», ripetono tutti. Simbolo di «vittoria», per i russi, simbolo di «resistenza eroica» per gli ucraini. «La fortezza di Bakhmut resiste», è il grido di guerra dell’esercito ucraino. «Bakhmut è quasi caduta», sognano i russi.
Purtroppo, la città è soltanto simbolo di una guerra insensata scatenata dall’atroce cinismo e dalla volontà di potenza di Vladimir Putin. Una guerra che andrebbe fermata subito, affinché Bakhmut, come Mariupol prima di lei, non cada nell’oblio per lasciare spazio a un altro simbolo.
Foto Ansa
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