
L’ultima preghiera di Adriana, che cantava la bellezza della vita

Accade che Dio fa degli scherzi. Come quello di usare gli ultimi arrivati per fare cose grandi. «Occorre fare il Movimento! Adesso! Spetta a voi!». Così ci esortava la carissima Adriana, spesso, la sera quando ci trovavamo a casa sua e del suo amatissimo Peppino per fare la scuola di comunità. Un gruppetto piccolo, semplicissimo, degli ultimi – si direbbe –, ognuno con una storia diversa ma con il desiderio semplice di una comunità di amici viva. Annapaola, Stefano, Letizia, Luca, Davide, Luca, Stefano, Gabriele, Matilde, Filippo, e ancora all’inizio, Francesca e Chiara ed altri amici e amiche venuti in specifiche occasioni.
All’ingresso un abbraccio gigantesco ogni volta, costante, benevolo e mai stanco, e poi due chiacchiere. Adriana si immergeva sempre nel testo attenta, come se quelle parole fossero rivolte direttamente a lei, seguendo parola dopo parola ogni riga, e poi in modo un po’ esuberante ma dolce ci invitava a intervenire. Ciascuno si sentiva sempre chiamato, interpellato. Alla sua insistenza, piena dell’amore per Cristo, per quel Mistero che ha cantato con il cuore pieno di gioia per tutta la vita, era impossibile non cedere.
E poi il senso dell’amicizia, che la società di oggi dà per trascurabile, per superfluo, è divenuto il centro dei nostri incontri. Come si legge nel commento alla sua musica Se l’amicizia fosse: «L’amicizia non è un bene di cui disporre a proprio uso e consumo, ma un dono di cui sorprendersi, con gratitudine, destinatari». Una amicizia per il destino.
Si scrive con il cuore affranto. E certo le lacrime. Erano solo pochi giorni fa, lunedì 19 dicembre, che eravamo insieme a cena a casa sua. Una cena di quelle piene di vita, di racconti, di sorrisi, di risate, di bene insomma. Una cena di quelle in cui tutti stanno bene. E come in altri momenti con noi, Adriana nei suoi racconti non ha mancato di richiamare l’incontro con il suo futuro sposo, il senso della cassetta postale rossa all’ingresso di casa sua, il Chesterton ancora un poco frainteso – quel giusto per suscitare il sorriso di Peppino, l’incontro con il servo di Dio don Luigi Giussani, l’esperienza di Gioventù studentesca, insomma tutta la sua storia.
Raccontava con una vitalità straordinaria, e spesso con un pizzico di ironia. Ci ha parlato del suo sentirsi ed essersi sentita amata dal Signore che ha scatenato in lei il desiderio immenso di comunicare il perché del suo canto e il canto del suo perché. Scriveva sull’espressività: «L’espressività dipende dalla percezione della Grandezza: uno esprime quando percepisce che c’è qualcosa di grande da esprimere, quando è invaso da qualche cosa di più grande di lui. Grande vuol dire che rompe ogni argine ed impone a te di esprimerlo» (intervista ad Adriana Mascagni di Giampiero Beltotto, in Adriana Mascagni, Canto con un perché, Rugginenti Editore, Milano 1982).
Nei nostri incontri capitava talvolta di cantare insieme, con lei che dirigeva a pieno ritmo, colma di amore per la vita. Ci ha raccontato come è nato il suo Grazie Signore, quel «la la la…», spensierato quanto percorrere le strade di Milano in una giornata tersa su di un motorino la mattina sotto «quel Cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace» (Alessandro Manzoni, I promessi sposi). Un «la la la…» allo stesso tempo pieno di letizia, perché il senso ultimo di quella giornata non è nelle proprie mani ma nelle mani di chi la dona.
Ci ricordava la Bellezza della vita, sempre, la cantava. Come in Ridammi un cuore: «Amor non muore, amor non muore, mi muove Amore». Si legge a commento del testo: «Vivere è vivere la storia di un grande amore: l’Amore di Dio che crea e l’amore della creatura che si consegna. Il fascino, il calore, il desiderio, l’emozione di questa appartenenza, questo è un cuore innamorato».
Due giorni dopo la cena per i saluti di Natale, mercoledì, un altro momento. Si tratta delle prove dei canti di Natale di un coretto nascente improvvisato. Davide era con lei, prima delle prove, ci racconta che hanno parlato del senso della vita e quindi anche della morte: lui le dice che sarebbe il massimo poter morire sapendo di essere stati concime per il campo del Padre eterno. Si guardano e in un profondo silenzio, colmo di stupore e di condivisione, lei sorride. Iniziano così le prove di canto con i pochi presenti. Lui ci racconta di come nel suo “battere” e “levare” ella corregga il ritmo e le voci, di come si dia senza riserva, e di quanto voglia che il canto venga bene.
Il coretto si congeda non prima che ella abbia ancora una volta detto grazie a quel Mistero, presente. Ricorda Davide: «Così ti guardo mentre ad occhi chiusi e mani giunte dirigi quel Gloria al Padre! e Vieni Santo Spirito, perché, come ci hai insegnato, anche per cantare davvero le parole dobbiamo sentirle dentro. Passa la notte e di primo mattino realizzo che quella era la tua ultima preghiera, il nostro ultimo incontro. E così mi lasci con le lacrime negli occhi e con il sole dentro al cuore. Il tuo canto mai cantato resti con me, per sempre!».
Ci incontriamo prima al Rosario, bellissimo, pieno della sua musica, e dopo il funerale, e ciascuno ricorda il bene ricevuto da Adriana. Non mancano le parole dei suoi due nipoti, Lucia e Pietro, ancora molto scossi per averla accompagnata proprio negli ultimi momenti. Lucia tra le lacrime e un sorriso tanto lieto raccomanda che sua nonna non avrebbe mai voluto che si piangesse nel momento del suo abbraccio con Dio, trattandosi per lei di una grande festa. Pietro, un amico partecipante al gruppetto, ricorda: «Adriana aveva la grazia di arrivare al nucleo che lega veramente le relazioni umane. Tutto di lei faceva trasparire l’incontro con Gesù attraverso una grande storia, una vita intensa, di cui magari non sapevi tutti gli aspetti o i dettagli, ma che veniva fuori sempre. Se hai fatto quell’incontro non puoi rimanere fermo».
Occorre fare il Movimento! È il senso della sua canzone Comunione. Si legge a commento del testo: «Il tempo della vita non è dato per risolvere i propri problemi (limiti o malesseri sono comunque condizione inestinguibile), ma l’opera di Dio alla quale è utile tutto di sé, anche la propria miseria; anzi, da essa meglio traspare che l’opera è Sua. Questa “offerta” è la vera soluzione e il cambiamento di cui andiamo in cerca».
E ancora nella bella intervista già richiamata alla domanda: «A che cosa rinunceresti di quello che hai fatto?», ella rispondeva: «A me di rinunciare non va. Mi sarebbe piaciuto non fare errori, ma una volta fatti non rinuncio nemmeno a quelli». Concludeva Beltotto ancora domandandole: «Che cosa vorresti avere fatto di quello che non hai fatto?», e Adriana rispondeva: «Quello che ho ancora da fare». Un richiamo per tutti noi a non perdere tempo e ad essere vigili nella consapevolezza che ella cantava: «Son nata amica del Mistero così non so parlare se non solo con Te, così non so pensare se non solo di Te. […] Non so amare, se tu non ami me».
Come ha ricordato suo marito Peppino, ora non resta spazio se non per il ringraziamento. Grazie Adriana per ogni cosa! Per la tua tempra, per tutto quello che instancabilmente hai donato e che ora è patrimonio dell’intera Chiesa, per la tua grande amicizia.
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