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«Aiutateci». L’ultimo grido di Haiti da un abisso di violenza e colera

Di Caterina Giojelli
29 Ottobre 2022
L'inerzia dell'Onu, il drammatico appello del vescovo, la testimonianza di suor Marcella Catozza: «Non c’è elettricità, gas, combustibile, acqua potabile. I bambini della Kay bevono la pioggia, il popolo della baraccopoli muore di stenti tra topi e immondizia»
Le strade di Haiti, dove è tornato il colera, invase dalla spazzatura
Le strade di Haiti, dove è tornato il colera, invase dalla spazzatura (foto Ansa)

«Non c’è corrente, gas, combustibile, non c’è acqua potabile. Alla Kay Pe’ Giuss i nostri bambini raccolgono e bevono quella piovana, ma oltre il portone della casa d’accoglienza i centomila della baraccopoli vivono ammassati tra i topi e l'immondizia che da oltre quaranta giorni va marcendo sotto il sole dei Caraibi, anch'essi senza cibo, acqua, elettricità. Il colera sta diffondendosi rapidamente ad Haiti: i banditi asserragliati nel nostro quartiere hanno distrutto le strade con i caterpillar e chiuso la zona innalzando barricate con muri di cemento e container rubati al porto. I camion dell'acqua non possono entrare. Nessuno può entrare, e per fare cosa poi? Farsi ammazzare?».
Suor Marcella Catozza, missionaria da vent’anni ad Haiti, nella baraccopoli di Waf Jeremie, uno dei quartieri più pericolosi al mondo – la prima ad arrivarci quando ancora era chiuso ai bianchi per portare Cristo, fare scuola, l'ambulatorio pediatrico, la casa di accoglienza per gli orfani di terremoti, tifon...

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