Un vino (non espresso) per l’anarchico Veronelli

Di Massobrio Paolo
02 Giugno 1999
Enogastronomia politica 20

Non ci credevo quando ho aperto il Messaggero di Roma e ho letto le dichiarazioni dell’anarchico Veronelli nei miei riguardi: “Non lo conosco… Non l’ho mai incontrato”. E poi giù con dichiarazioni al curaro: “So che è di Comunione e Liberazione, so che ha fatto una dichiarazione scritta circa l’Espresso…”. Ma come? Pensavo fra me incredulo: il primo articolo sul Sabato, il 22 dicembre di 15 anni fa, riportava la ricetta che mi regalò Veronelli. Poi la comune amicizia con Giacomo Bologna, gli scambi di lettere e di opinioni, le occasioni insieme, i convegni, fino ad una partita di calcio nella medesima squadra dove lui si ruppe un piede durante la foga di un attacco senza risparmio. Sul sito Internet di Papillon (www.clubpapillon.it) vengono documentate 30 occasioni di contatto tra il sottoscritto e Luigi Veronelli, con tanto di foto. A 73 anni – ha detto – non sopportava di essere tagliato. Così ha lasciato l’Espresso, che clamorosamente ha scelto me per commentare ogni settimana una bottiglia di vino. Sui giornali si è scatenato il finimondo, e lo strascico non dà segni di risoluzione. Leggo che l’anarchia – “Io mi affermo contro tutti e contro tutto” – è una tentazione affascinante e menzognera. E pertanto è una violenza. Più avanti ancora leggo che, in verità, l’uomo afferma veramente se stesso solo accettando il reale. Gino, a 73 anni, considerato il maestro amato da tanti, ha perso una grande occasione. E mi dispiace. Non si può passare sopra a un rapporto, non è pensabile calpestare l’altro per affermare la propria misura. Gli amici comuni, nel frattempo, tacciono imbarazzati.

Dalle parti della Rocchetta il medico del paese ha detto che così non va: “Non ci siamo più. Non va bene”. Sul primo numero dell’Espresso che porta la mia firma ho dedicato un vino all’anarchico dal cuore grande. Glielo ri-dedico anche su Tempi, ora che gli si è rimpicciolito il cuore. Un cuore che solo una Barbera grande come l’Ai Suma 1989 di Giacomo Bologna (che pigiammo insieme il 19 ottobre di 10 anni fa) gli può dilatare, mostrandogli che anche un vino grande, in fondo, non dipende totalmente dall’uomo. Anzi: lo descrive.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.