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Avrebbe compiuto 40 anni alla fine di questo mese di luglio, se non avesse amato la verità più della vita. Se non si fosse reso inviso agli occhi del potere cantando lui, sopravvissuto del genocidio contro i tutsi del 1994, che anche le vittime della vendetta andavano rispettate e celebrate, così come ogni altro essere umano chiamato alla prova suprema della morte.
Aveva tutto, Kizito Mihigo, compositore e cantante di canzoni liturgiche adorato come una rockstar (in alcuni paesi africani la musica religiosa contemporanea e i suoi interpreti godono della stessa popolarità e degli stessi successi commerciali dei musicisti pop nel resto del mondo): fama, denaro, fidanzate in serie, il sostegno compatto dell’establishment, l’apprezzamento del governo e del capo dello Stato.
Ha perso tutto: prima la libertà (condannato a 10 anni di carcere, graziato dopo averne espiati quattro), poi la possibilità di esprimersi come artista, infine la vita: nuovament...
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