Una fiera delle opere

Per il decimo anno consecutivo si svolge a Milano (dal 3 al 10 dicembre) un evento strano, l’Artigiano in Fiera. Strano perché non è stato progettato da nessun pensatoio o talk show e nemmeno da qualche demiurgo della politica. è un evento nato dall’intuizione di un giovane che ha raccolto uno dei suggerimenti impliciti di don Giussani, quando, negli anni 80, sognava la ripresa di realtà popolari che aiutassero la crescita del “lavoro italiano”; quella operosità fattiva, piena di creatività che, ad onta degli economisti buggerati, era stata (e lo è ancora oggi) l’unico fattore di benessere insieme a poche grandi imprese, come Eni e Finmeccanica. «Sarebbe bello realizzare una fiera delle opere – diceva don Giussani – qualcosa ove questo lavoro sia mostrato e divenga un incentivo per chi produce e per chi usa i prodotti che ne nascono».
Nasce così l’Artigiano in Fiera, dalla collaborazione tra Antonio Intiglietta, imprenditore aderente alla CdO e molte confederazioni artigianali. La formula che ha portato quest’anno ad avere 2382 espositori provenienti da tutte le regioni italiane e da 97 Paesi del mondo, con 2 milioni di visitatori nel 2004, è semplice: una fiera-mercato in cui piccoli artigiani e imprenditori vendono i loro prodotti e la gente compra.
Ad onta degli inevitabili oppositori, scettici di fronte ad ogni nuovo che avanza, si tratta di un’esperienza, anche dal punto di vista culturale, significativa, che travalica la mera preoccupazione consumistica. è l’esempio vivente di una creatività bella e intelligente che rinasce più profondamente di ogni declino imprevedibile e di ogni azione politica. è un esempio di quanto il direttore del Sole 24 ore Ferruccio De Bortoli, ha detto a proposito della necessità di rilanciare la cultura del rischio, di scommettere sull’impresa come un valore positivo e fattore di superamento della crisi.
La libera iniziativa dei capaci e meritevoli in azione in un mercato che si vuole libero, non perché liberista (appannaggio di qualche potente lobbista), ma perché privo di lacci, laccioli e veli tra chi produce e chi compra. Purtroppo neanche l’enorme conoscenza popolare e imprenditoriale riesce a scuotere il pregiudizio di chi continua a ripetere che Milano è assente. Assente da cosa? Da pregiudizi che non riescono a morire. Forse è meglio che chi ragiona così, torni a Milano la settimana prossima: può imparare qualcosa che spezza la presunzione.

*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

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