Una posizione libera dentro la nuova (socialisteggiante) sanità italiana

Così negli anni della Riforma sanitaria il Movimento Popolare favorì, con la rivista “Società e Salute” ma non solo, la presenza di esperienze innovative nel nascente Sistema nazionale

Foto Ansa

Seconda e ultima parte della sintesi della riflessione sul contributo del Movimento Popolare alla nascita del Sistema sanitario nazionale offerta all’ufficio studi della Fondazione Europa Civiltà da Marco Botturi, già direttore del dipartimento di Tecnologie avanzate diagnostiche e terapeutiche nel Grande ospedale metropolitano Niguarda di Milano. La prima parte è disponibile nel precedente post di questo blog

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Nella seconda parte del suo contributo all’ufficio studi della Fondazione Europa Civiltà, Marco Botturi puntualizza le acquisizioni culturali nate, negli anni Settanta, dall’esperienza di appartenenza degli operatori sanitari che facevano riferimento a Pier Alberto Bertazzi, dai seminari di studio e dalla concreta pratica di modelli innovativi presso ambulatori, cooperative e residenze sanitarie.

«La salute come fatto globale. La lotta a ciò che è contro la salute è possibile ed è motivata perché si è portatori di un progetto e di un tentativo di salute. Cioè di un desiderio e di un bisogno che è insito nella struttura stessa dell’uomo e che ciascuno conosce perché ne fa ogni giorno esperienza. Così è possibile una alternativa ad una società che non solo produce fattori di nocività, ma tende a possedere la vita dell’uomo, al di sopra della sua vera natura, e a preconfezionare, con un uso scorretto della Istituzione, sia i bisogni sia le risposte assistenziali».

«Un soggetto per la salute. È urgente recuperare al lavoro per la salute il suo vero soggetto. Esso è l’uomo che fa esperienza di salute. Questa non è solo condizione priva di malattia, ma una esperienza umana piena, non divisibile dalla situazione economica, culturale e storica di un popolo».

Una genesi diversa di domanda e offerta

«Cosa fare concretamente nel campo della salute? Ci si riferisce alla esperienza di una comunità di salute e di una équipe sanitaria. Non si tratta solo di un nuovo modo di praticare la medicina tradizionale, ma di creare le condizioni per una genesi diversa della domanda di salute e della risposta a questa richiesta. La medicina per l’uomo va tolta dal campo mercantile, dove per tanto tempo vengono a trovarsi i rapporti tra sanitario e paziente, per esercitarla entro la dinamica culturale e politica di una solidarietà comunitaria, dove sia possibile fare esperienza di soddisfazione per il proprio lavoro».

«Prevenzione e sicurezza sono elementi centrali della medicina autentica. Tuttavia bisogna contrastare il disegno di una prevenzione basata sulla ideologia del controllo sociale e della programmazione. Sono invece da costruire luoghi e fatti di vita sana nel contesto reale di rapporti lavorativi rispettosi dell’umano. Va costruita una compagnia umana reale che procede anche nella scienza e nella tecnica».

L’esigenza di ascoltare i bisogni reali

«La Riforma sanitaria. Riforma e nuova gestione delle strutture per la salute sono richieste da molti come un fatto positivo. La disfunzione degli interventi sanitari, le loro insufficienze qualitative e quantitative sono espressione non solo della mancanza di servizi per i cittadini: il malessere è anche conseguenza di quanto si fa verso le persone. Bisogna riconoscere una serie di fenomeni che si verificano: la difesa esclusiva degli interessi di categoria di gruppi ristretti, l’indifferenza di fronte a bisogni diffusi che si pensano di contrastare solo attraverso un aumento del consumo dei prodotti e delle prestazioni sanitarie, eccetera. Ci si aspetta dunque una riforma per il recupero di quanto non si è fatto, ma anche per una innovazione dei rapporti e del fare. È necessario guardare con attenzione non esclusivamente alle esigenze aziendali, ma praticare una aumentata sensibilità nei confronti del bisogno reale vissuto dalle fasce più deboli della società».

Nascita e sviluppo della rivista “Società e Salute”

I punti sopra elencati sono stati espressi in numerosi convegni svolti negli atenei di alcune regioni. Di essi si ricordano alcuni titoli: “Assistenza sanitaria per una iniziativa di base”, “Lavoro e società”, “Medicina, Assistenza e il bisogno dell’uomo oggi”, “Handicappati e società: un’esperienza culturale e una proposta politica”.

A partire da questo impeto nacque il bollettino Società e Salute, nella cui redazione lavorarono, oltre a Pier Alberto Bertazzi, Francesco Beretta, Angela Grisenti, Lia Sanicola, Maria Smidili, Giorgio Cerati, Ambrogio Bertoglio, Paolo Duca, Giacomo Contri e Marco Botturi. I primi due numeri, usciti a distanza di sei mesi l’uno dall’altro, erano ciclostilati e venivano distribuiti attraverso i canali della conoscenza amichevole allo scopo di veicolare le idee di vari gruppi. Successivamente, con l’aiuto di Sante Bagnoli e Fabrizio Rota, Società e Salute è divenuta una rivista quadrimestrale, con centinaia di copie diffuse in tutta Italia.

Prosegue Botturi:

«Fra il 1974 e il 1984, gli anni della sua pubblicazione, nell’ambito dell’esperienza più complessa del Movimento Popolare Società e Salute è stata la voce di molti esponenti italiani ed europei, tradizionali e non, della cultura e della professione medica. Sopratutto attraverso la rivista si è conosciuto un numero molto grande di esperienze innovative di lavoro per la salute nell’ambito delle strutture sanitarie e nel territorio. Si era costituita cioè una cultura della salute che si traduceva col tempo in progetti operativi e in modelli organizzativi del lavoro e dei servizi sociosanitari per la trasformazione delle istituzioni sanitarie. All’interno del Movimento Popolare Società e Salute è stata oggettivamente una presenza di piccole dimensioni, limitata ma molto vivace sia nella fase di elaborazione sia nei primi anni della attuazione della legge 382 del 1975 e del decreto delegato 616 del 1977 che disponevano la soppressione generalizzata degli Ipab [gli Istituti pubblici di assistenza e beneficenza che assicuravano la sanità ai meno abbienti, ndr] ed il trasferimento del personale e dei beni ai Comuni, della legge Basaglia in materia di psichiatria (formalmente legge 13 maggio 1978, n. 180) riguardante gli accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, e della legge 833 Istituzione del Servizio sanitario nazionale (nota come Riforma sanitaria) del 23 dicembre 1978, che ha soppresso il sistema mutualistico e istituito il Servizio sanitario nazionale».

Libertà vs ideologia dell’uniformazione

«Su tutti questi temi l’azione degli aderenti al Movimento Popolare nell’ambito della salute, nei comitati sanitari di zona, nei luoghi di elaborazione culturale e di amministrazione delle strutture ha reso presente una posizione libera, innovativa e vicina al bisogno reale. Essa si è confrontata a lungo con la progettazione e l’impostazione prevalentemente socialista della nuova sanità. Progettazione e impostazione che hanno avuto un carattere fortemente istituzionale, imperniato sulla ideologia della normalizzazione dei servizi, sulla uniformazione delle prestazioni e sulla standardizzazione degli interventi. Così la nuova sanità si è rivelata gravemente appesantita da una importante spersonalizzazione sia degli operatori sia degli infermi e dei disabili».

(2. fine)

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