Underworld – Il risveglio, Kate è tornata

Di Simone Fortunato
23 Gennaio 2012
Nel quarto capitolo della saga Underworld finalmente ricompare Kate Beckinsale. La trama è un po' telefonata, ma gli effetti speciali sono ben curati e il 3D è perfetto. Vera nota dolente i protagonisti maschili, indegni coprimari della bella vampira

Quarto episodio di una saga iniziata nel 2003 e che ha avuto un certo successo nell’ambito gotico-horror. In Underworld – Il risveglio, come in tutti i sequel, si avverte una certa stanchezza sia dal punto di vista stilistico, con un uso sostenuto e spesso un abuso della computer grafica, sia dal punto di vista del contenuto poco originale. Ci sono degli aspetti positivi che ce lo fanno preferire al debole terzo episodio che in realtà era un prequel della serie. Innanzitutto il ritorno della Beckinsale che nel terzo episodio era stata accantonata è il punto di forza del film. La bella e brava attrice inglese che avrebbe meritato più attenzione dal cinema non di genere buca lo schermo: è sexy, bellissima ed è credibile nei panni di un’eroina d’azione. E il film punta, come anche nel caso del filone gemello di Resident Evil che fa tanto affidamento sulla fisicità di Milla Jovovich, proprio su di lei, fasciata in una tuta di pelle nera.

C’è una certa cura nella produzione: gli effetti speciali non sono banali, il 3D è piuttosto efficace e la fotografia restituisce le atmosfere notturne del cinema gotico. La storia riprende, come spesso capita ai film di genere non particolarmente ispirati, molti luoghi comuni del genere: il risveglio del titolo avviene da una cella di congelamento e per la bella vampira è solo l’inizio di una guerra contro esperimenti genetici, professori pazzi (il buon vecchio Stephen Rea, caratterista di lungo corso, coprotagonista di Fine di una storia) e mutamenti genetici. Insomma: un cocktail di tutto il repertorio di film horror, con vampiri, Frankenstein e licantropi, questi ultimi resi visivamente in modo un po’ piatto. Lo spettacolo non manca così come le coreografie dei combattimenti che in più di una scena richiamano Matrix. A fallire, semmai, al di là dell’originalità di una storia un po’ telefonata, sono i partner della Beckinsale piuttosto monocordi poco efficaci. I vari Michael Ealy (il detective), Theo James (il vampiro buono) e il villain a cui presta il volto Kris Holden-Ried sono ben lontani dai carismatici Michael Sheen e Bill Nighy, colonne portanti dei primi episodi.
 

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