
"Un’isola in rete". Il sorprendente festival di Castelsardo
Articolo tratto dal numero di luglio (qui come abbonarsi) – Il Festival internazionale di promozione del libro e della lettura “Un’isola in rete” nasce nel 2011. Da spazio di discussione culturale sull’espansione esponenziale del fenomeno web raccontato e analizzato da esperti della politica, della filosofia, dell’arte, dello spettacolo, del giornalismo eccetera, Un’isola in rete si è trasformato in pochi anni in un Festival del libro e della lettura. Nella sua forma attuale si compone di oltre 50 appuntamenti, buona parte dei quali concentrati nel periodo che va dal 20 agosto al 30 settembre di ogni anno. I vari appuntamenti, oltre uno al giorno, si svolgono nello splendido borgo medioevale di Castelsardo e in particolare nelle scenografiche terrazze del Castello dei Doria o nella struttura che ospita l’archivio storico e la biblioteca comunale. Altri eventi sono disseminati in varie località del nord della Sardegna e almeno tre appuntamenti si realizzano al di fuori dell’isola, in grandi città come Parigi, Roma o Milano.
Oggi Un’isola in rete è uno dei principali festival letterari della Sardegna e collaborano alla sua realizzazione oltre 40 partner. Tutto nel festival ruota intorno ai libri, sia di carta che digitali, per diverse età e di diversi generi, presentati attraverso incontri con l’autore, talk show, rappresentazioni teatrali, mostre e concerti, il tutto in diretta YouTube, Facebook, live tweeting e radio podcast. L’obiettivo è raccontare il presente, la realtà, il modo in cui cambia, il modo in cui a partire da essa si guarda al passato e si immagina l’avvenire.
Ogni edizione ha un tema, narrato da vari punti di vista con l’obiettivo di coglierne le sfaccettature e gli aspetti che la letteratura, nelle sue diverse forme, racconta. Nelle ultime edizioni si è parlato di Desiderio e di Dimora, il 2018 è dedicato alle Metafore. Per mettere a fuoco una possibile variazione sul tema, o forse il suo punto di ispirazione, si potrebbe utilizzare, quasi come uno spot, la scena del film Il postino, nel quale il protagonista interroga Neruda sul significato di questo termine.
Il vero centro del festival però non sono tanto i libri, ma soprattutto le persone: dagli autori allo staff che lavora alla sua realizzazione, dal personale che fornisce i servizi di alloggio e ristorazione ai frequentatori più assidui o a quelli di passaggio. Tutto è pensato per favorire un ambiente che faciliti la familiarità e il dialogo, persino il fatto che gli autori alloggiano nei bed and breakfast all’interno del piccolo borgo del centro storico.
Lo staff è composto prevalentemente da studenti, delle scuole superiori e universitari, il più vecchio che ci lavora è uno dei direttori che ha 33 anni, la più giovane ne ha 16. Se dovessimo sintetizzare la specificità della proposta culturale di questo festival la dovremmo probabilmente cercare nella volontà di chi lo organizza di giocare nella realtà una passione per lo studio, per la ricerca, o semplicemente per ciò che legge e ancora più in profondità la volontà di stabilire un rapporto con la personalità di qualcuno che attraverso un libro lo ha intercettato e affascinato. Gli ospiti sono diversissimi tra di loro, così come i libri presentati: gli uni e gli altri possono essere più o meno noti, ma tutti vengono scelti sulla base di una serie di proposte in cui si chiede ai ragazzi del festival di indicare uno o più autori che si vorrebbero conoscere. Per tutti la possibilità è quella di incontrare, oltre ai libri, le persone, fare rete, dialogare e confrontarsi, spesso iniziare un rapporto che prosegue al di là dei giorni del festival, e andare insieme al fondo di quella passione per il reale che ha reso possibile quell’incontro, come ogni vero incontro.
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