
Valeria Pia sta bene, nonostante Rep.
Quando la moglie di Alfonso scopre di essere incinta ha 37 anni e, lavorando in radiologia, deve sottoporsi ad amniocentesi. Un prelievo, un’ecografia, e subito si prospettano rischi per il bambino, in quanto la donna ha contratto un’infezione. Per un po’ la curano con antibiotici, ma alla prima sosta l’infezione prende il sopravvento e nasce Valeria Pia. È il 13 marzo 2004 e Valeria ha “più o meno” 23 settimane. Chi dice 22 e 6 giorni, chi 23 e 2 giorni. La cosa certa è che non la si attendeva prima del 20 luglio. In sala travaglio lo staff del Careggi di Firenze prepara Alfonso: al 90 per cento i bambini non ce la fanno e se ce la fanno. A lui non importa, «comunque sia, a me va bene». Nasce una bimba di 600 grammi trasportata subito in terapia intensiva. Due giorni di calo fisiologico e arriva a 420.
Dopo un mese e mezzo inizia la “marsupio terapia”. Valeria respira grazie a una macchina per l’ossigeno. Un pomeriggio Alfonso non riesce a passare in ospedale. Il medico gli telefona per raccontargli la mattina di Valeria, «”Così è più tranquillo”, mi diceva». Da quando è al Careggi Alfonso non ha mai visto accanimento terapeutico verso sua figlia. Appena nata, Valeria aveva un indice Apgar (di vitalità) di 2 su 10; dopo 5 minuti era di 6, dopo altri 5 era di 8. La gratitudine di Alfonso e di altri 40 genitori di prematuri ha portato alla nascita di un’associazione: «I medici ci hanno preso per mano insieme ai nostri figli. Li osservavo dare 3 gocce di latte al giorno a una neonata, collegata con decine di tubi ad apparecchiature enormi, macchine e uomini, tutti al lavoro per Valeria».
Ai primi di giugno Valeria passa in terapia subintensiva. A fine luglio viene dimessa. Pesa 2 chili e 100, lei che appena nata aveva una scatola cranica «poco più grande di una moneta da 100 lire». Una bambina con una broncodisplasia iniziale importante (i polmoni non si erano sviluppati) che oggi ha 2 anni, cammina dall’età di uno, parla come può una della sua età e capisce due lingue, «mia moglie è di origine italo-venezuelana». Nessun problema neurologico, cardiologico o motorio. Valeria non si è mai ammalata. Quando Alfonso legge Repubblica decide di “infiltrarsi” al convegno e dire la sua. «Non erano come i medici che davano tre gocce di latte a Valeria quei primari, scienziati, luminari che proiettavano lucidi e liquidavano i prematuri come mia figlia, chiamandoli “23 settimane”, come le avvertenze dei farmaci. Lungi da me sostituirmi ai dottori, ma quando si decide della vita di un figlio, chi meglio di chi l’ha data dovrebbe potersi esprimere? Era mio dovere andare. Lo dovevo a mia figlia».
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