
Lettere dalla fine del mondo
Il valore di un’offerta “ridicola”. L’obolo della vedova e la pizza margherita
Pubblichiamo la rubrica di padre Aldo Trento contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Caro padre Aldo, in ottobre ci hai mandato una lettera in cui ci chiedevi «l’obolo della vedova» di cui parla il Vangelo: «Se vi capita di andare in pizzeria, invece di chiedere una quattro stagioni, chiedete una margherita, così potrete mandarmi la differenza». Mi sembrava ridicola questa richiesta: cosa avresti potuto fare con venti euro? Così non ti ho mandato nulla, dimenticando totalmente ciò che ha detto Gesù dopo aver visto quella donnicciola mettere un obolo, tutto ciò che possedeva, nella cassa delle offerte. Ma perché, padre, siamo così meschini?
Lettera firmata
Ti ringrazio per la domanda, perché ancora non abbiamo incontrato Gesù. Solo chi sperimenta la dolcezza dell’abbraccio tenero di Cristo è capace di tenerezza verso il prossimo. Mi piace immaginare cosa deve essere stata la vita di quel poveretto dopo l’incontro con il buon samaritano… Ma ancora di più, mi sento immedesimato con quanti, ammalati, ciechi, zoppi, sordomuti, depressi, sono stati curati da Gesù: quanti di loro si saranno dimenticati del dono ricevuto, vivendo come se nulla fosse accaduto? Mistero della libertà umana!
Per questo non mi sorprende quanto mi scrivi. È stata la posizione della maggioranza dei miei “amici”, che avranno pensato: “o cento euro o niente”, e così hanno scelto il niente. Che commozione, invece, mi hanno provocato coloro che hanno preso sul serio la proposta della pizza, mandando ai miei figli dieci euro. Uno mi ha scritto: «Padre, i trenta euro che ti mando ogni mese sono il frutto della rinuncia al caffè che ogni mattina ero solito prendere al bar».
In questi giorni mi è accaduto di leggere ciò che disse di santa Elisabetta, regina di Ungheria, il suo padre spirituale. Credo che sia uno degli esempi più fulgidi della carità, nella storia della Chiesa. La propongo non solo a te, ma a tutti. Non perché facciate come lei, ma perché il vostro cuore, come il mio, sia totalmente pieno e innamorato di Gesù… perché uno, se non è innamorato di Gesù, ha un cuore così duro da non accorgersi del valore di “un obolo”.
Dalla lettera scritta da Corrado di Marburgo al Pontefice, anno 1232:
«Elisabetta incominciò presto a distinguersi in virtù e santità di vita. Ella aveva sempre consolato i poveri, ma da quando fece costruire un ospedale presso un suo castello, e vi raccolse malati di ogni genere, da allora si dedicò interamente alla cura dei bisognosi. (…) Arrivò al punto di erogare in beneficenza i proventi dei quattro principati di suo marito e di vendere oggetti di valore e vesti preziose per distribuirne il prezzo ai poveri. Aveva preso l’abitudine di visitare tutti i suoi malati personalmente, due volte al giorno, al mattino e alla sera. Si prese cura diretta dei più ripugnanti. (…)
Dopo la morte [del marito], tendendo alla più alta perfezione, mi domandò con molte lacrime che le permettessi di chiedere l’elemosina di porta in porta. Un Venerdì santo, quando gli altari sono spogli, poste la mani sull’altare in una cappella del suo castello, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni intimi, rinunziò alla propria volontà, a tutte le vanità del mondo e a tutto quello che nel Vangelo il Salvatore ha consigliato di lasciare. Fatto questo, temendo di poter essere riassorbita dal rumore del mondo e dalla gloria umana, se rimaneva nei luoghi in cui era vissuta insieme al marito e in cui era tanto ben voluta e stimata, volle seguirmi a Marburgo, sebbene io non volessi. Quivi costruì un ospedale ove raccolse i malati e gli invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili ed i più derelitti.
Affermo davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa come Elisabetta, che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose constatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata, emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come dei raggi di sole. Prima della morte ne ascoltai la confessione e le domandai cosa si dovesse fare dei suoi averi e delle suppellettili. Mi rispose che quanto sembrava sua proprietà era tutto dei poveri e mi pregò di distribuire loro ogni cosa, eccetto una tunica di nessun valore di cui era rivestita, e nella quale volle esser seppellita».
paldo.trento@gmail.com
Articoli correlati
1 commento
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
chiedo alla redazione, come si può aiutare padre Trento?