Vengo, vedo. Non so se vinco
Alla fine, lui, la “colomba nera” ha dimostrato di aver avuto ragione. Per quindici lunghi mesi il segretario di stato americano Colin Powell, il trionfatore del Golfo aveva puntato il dito sul Medio Oriente. Inascoltato da Bush, snobbato dal ministro della difesa Donald Rumsfeld, sbeffeggiato da Ashcroft. Fino a quando, svanite le glorie afghane, la Casa Bianca non s’è ritrovata a far i conti con un Medio Oriente sempre più lontano. Lontana forse lontanissima l’Arabia Saudita. Tentennanti gli alleati Giordania ed Egitto alle prese con la furia dell’opinione pubblica filopalestinese. Ostile e ambigua come sempre la Siria. Guardingo perfino il Kuwait. E allora, mentre l’Europa guarda disorientata alle incursioni dei carri armati israeliani, deve ridiscendere in campo lui. Ma aver avuto ragione non basta. Sharon ha dimostrato con la forza dell’esercito di poter piegare Arafat e l’Autorità Palestinese, ma non ha dato né trovato risposta al dopo. Il “dopo” è un buio senza successori. L’alternativa per ora sembra solo una: resuscitare il vecchio leader palestinese costringerlo a venir a patti in attesa di una successione. Ma potrebbe trattarsi della ripetizione di quanto già visto. E allora il primo dubbio di Colin Powel sarà se incontrarlo o no, se restituirgli la statura di leader internazionale o lasciarlo consumarsi nel suo esilio di Ramallah.Ma Colin deve guardarsi anche attorno. Sul piano di pace dell’Arabia Saudita aleggia il sospetto della trappola. Una mano tesa a Saddam per garantirgli l’incolumità in attesa di una sfiancante trattativa per il riconoscimento arabo d’Israele. Servono a poco anche le soluzioni transitorie. Il piano Mitchell e quello Tenet, le confuse proposte europee hanno sempre più il sapore di un’aspirina allungata ad un moribondo. L’unico autentico “dopo” passa, probabilmente, sulla testa di Arafat e su quella del suo nemico, un generale che ha fatto della rivalità con l’avversario una questione di stato. In attesa bisognerà garantire che la lotta al terrorismo non si trasformi nell’umiliazione di un popolo, trovare interlocutori per garantire agli israeliani il diritto ad una vita liberata dall’incubo del terrore. Non in nome di un’illusoria pace, ma di una semplice, pragmatica cessazione della violenza. Terra in cambio di pace diceva Rabin. Sette anni dopo la sua morte bisogna spazzar via le illusioni. La forza di Colin Powell, sarà quella di saper garantire molto meno. Offrire dignità in cambio di sicurezza.
                
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!