Vincenzo Bugliani, il leader ratzingeriano dei Verdi fiorentini che rifiutò la deriva anti-umana degli ambientalisti

Di Stefano Borselli
16 Marzo 2014
L'ex assessore del capoluogo toscano si è spento il 18 febbraio scorso. Al suo funerale la folle che gremiva la chiesa rappresentava tutti i passaggi della sua vita di intellettuale, da Lotta continua agli amici di Cl

vincenzo-bugliani-tempiLo scorso 18 febbraio a Firenze è morto Vincenzo Bugliani. Due giorni dopo, al funerale, la folla commossa che gremiva la chiesa rappresentava tutti i passaggi della sua vita di intellettuale militante. C’erano gli amici di sempre di Massa; quelli (molti di Firenze e Pisa) dell’esperienza giacobina e comunista di Lotta continua, che insieme ad Adriano Sofri contribuì a creare; Giannozzo Pucci e tutti i componenti dell’anomala lista verde fiorentina, della quale Vincenzo fu costante punto di riferimento; il gruppo di insegnanti della Gilda; quello di Comunione e Liberazione (frutto soprattutto dell’incontro con Graziano Grazzini); a ricordare l’ultimo impegno, sulla questione antropologica e contro il totalitarismo della dissoluzione, vi erano i soci di Scienza & Vita Firenze, della quale era, da anni, vicepresidente; non pochi poi i politici che lo avevano conosciuto e stimato, prima come consigliere e poi come assessore del Comune di Firenze.
Marxista ratzingeriano ben prima di Tronti e Barcellona (riteneva suo dovere di intellettuale leggere tutte le encicliche e, ricordo, fu conquistato dall’aristotelismo della Veritatis Splendor), Vincenzo non ha scelto di tornare alla Chiesa, ma la morte nella forma cattolica che gli hanno preparato i familiari è certo quella che avrebbe desiderato.

Vincenzo Bugliani (Massa, 1 novembre 1936 – Firenze, 18 febbraio 2014), dalla prefazione al libro di Daniela Nucci La casina della pazienza. Avventure dei verdi fiorentini 1985-1996, Polistampa

«Ora che la storia dei Verdi fiorentini (il nucleo amicale, i “giannozziani”, quelli in totale dissenso dagli orientamenti via via invalsi a livello nazionale), si è conclusa, si può […] guardare indietro con maggior consapevolezza ed anche stupirsi. Dico che la vicenda si è esaurita, e forse era durata anche troppo, nonostante che molte persone continuino il loro impegno, perché quel legame non c’è più e negli ultimi anni amici costituenti hanno preso strade diverse […].

Quando dico che la nostra storia si è prolungata anche troppo, penso alla costante profonda differenza che si è manifestata e che è stata rivendicata tra le nostre posizioni e quelle dominanti tra i Verdi, che sono posizioni da un lato di cultura radicale (una democrazia di persone ridotte ad atomi desideranti e portatori di diritti tendenzialmente infiniti, senza storia e senza sedimentazione), dall’altro sono parassitarie della mentalità dell’estrema sinistra, nel senso della demagogia che sfrutta ed alimenta il vittimismo e il qualunquismo popolare come via più facile per ottenere consensi, senza mai porsi come classe dirigente responsabile […].

Molti di noi, prendendo di petto la realtà e le esperienze, sono cambiati, pur conservando passione per le questioni ambientali: alcuni sono tornati al cattolicesimo su una linea Wojtyla-Ratzinger-Giussani; altri, pur senza fede, si sentono vicini al mondo di Comunione e Liberazione; altri hanno smesso di guardare al passato come a una discarica di errori e sono attenti alla tradizione. Alcuni di noi, non tutti, erano per la libertà di educazione ed istruzione (insomma, per la scuola privata, come salvezza anche per quella statale […]), per la sussidiarietà verticale ed orizzontale (“meno Stato, più società”), convinti che il centrodestra aveva vinto perché interpretava esigenze di libertà di un’Italia matura […].

Ho accennato, all’inizio, allo stupore che mi prende guardando indietro. Si tratta della straordinaria ricchezza di iniziative promosse, di temi affrontati con largo anticipo rispetto alla cultura del tempo (e che sono stati poi adottati dal governo cittadino) […]: e questo soprattutto grazie a Giannozzo Pucci. Dai Verdi fiorentini è venuto l’interesse per l’agricoltura, per la ruralità e per l’artigianato (è merito di Giannozzo la Fierucola, il cui esempio si è moltiplicato in tutto il paese); la difesa del piccolo commercio in un quadro generale decisamente segnato dall’attenzione all’urbanistica e al governo del territorio […]. Per non parlare della dichiarazione di condivisione dell’“Istruzione Ratzinger” dell’aprile del 1987 (quasi vent’anni fa!) circa la fecondazione umana e la sperimentazione sugli embrioni: per noi è rimasto uno spartiacque sempre più netto, altri firmatari e la dottrina ufficiale dei Verdi hanno raggiunto altri orizzonti e oggi sono in prima fila per i referendum per abolire la legge 40 del 2004 […]».

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