
Su Scenari economici si pubblica un tweet di Renato Brunetta che dice: «Fare a meno di Draghi è da masochisti, torneremmo all’Italietta inaffidabile».
Brunetta è persona colta e intelligente, ma appare obiettivamente disperato, e così si lancia in affermazioni che chi ha avuto una formazione politica qualificata come la sua, dovrebbe evitare. La polemica contro l’Italietta, contro i populisti neri e rossi cioè allora gli sturziani e i turatiani, l’invocazione dell’uomo forte contro il cretinismo parlamentare e i partiti degenerati, nei primi decenni del Novecento prepararono le vie dell’inferno per l’Italia.
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Su Strisciarossa Pietro Spataro scrive: «Comunque vada a finire il valzer della crisi diretto e interpretato da quel che rimane del Movimento Cinque Stelle – e sembra proprio che non vada a finire benissimo anche dopo che Mattarella ha respinto le dimissioni di Mario Draghi – un dato a questo punto è abbastanza chiaro: i governi di unità nazionale o di grande coalizione, guidati dal tecnico con i superpoteri speciali, si sono rivelati ormai troppo spesso la peggiore soluzione politica che si possa immaginare. È un dato oggettivo e bisogna prenderne onestamente atto».
C’è anche a sinistra chi ritiene che non si possa sostituire la democrazia con qualche brioche per quanto perfettamente confezionata da ex banchieri di grido.
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Sulla Nuova Bussola quotidiana Ruben Razzante scrive: «Il centrodestra unito ha un’occasione storica: chiedere in maniera compatta a Mattarella lo scioglimento delle Camere, che a quel punto il Presidente della Repubblica non potrebbe rifiutare. Senza il centrodestra, in Parlamento non ci sarebbero i numeri per andare avanti, tranne i numeri della disperazione, cioè di quei parlamentari disposti a votare qualunque provvedimento e qualunque fiducia a qualunque governo pur di avere uno stipendio fino alla scadenza naturale della legislatura. Ma l’entità delle gravose sfide che attendono l’Italia richiede un esecutivo robusto e con un vasto consenso popolare. Ecco perché, se Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia dichiarassero formalmente chiusa l’era draghiana, il quadro si chiarirebbe e non si perderebbe tempo prezioso. Andare a votare il 2 ottobre potrebbe consentire al nuovo governo di fare, sia pure in fretta e furia, una nuova finanziaria entro fine anno, evitando l’esercizio provvisorio. Se invece la facesse l’attuale esecutivo, ci sarebbe l’assalto alla diligenza da parte di tutte le forze politiche che, in vista delle imminenti elezioni farebbero di tutto per gratificare i rispettivi elettorati, il che renderebbe la legge di bilancio un’insalata russa e incoerente».
C’era chi aveva scritto qualche mese fa che se non si eleggeva Mario Draghi presidente della Repubblica e non si andava a votare presto, si sarebbe scatenato il caos. Dispiace essere stati così tristi profeti. Ora non si può che condividere quel che scrive Razzante: se non si va a votare, il caos crescerà esponenzialmente. Le persone responsabili dovrebbero chiedere non di riscaldare minestre ormai degradate ma di organizzare una fine il più possibile bipartisanamente concordata, ordinata della legislatura che aiuti ad affrontare i rischi che incombono sull’Italia, superando la stagione dei pasticci che ci hanno inguaiato, confezionati prima da Giorgio Napolitano e poi da Sergio Mattarella
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Su Dagospia dal sito del Corriere si riportano queste frasi di Luigi Di Maio: «Tutto il mondo da 48 ore sta dichiarando pubblicamente che Mario Draghi è prezioso per l’Italia. Io credo che dovremo fare del nostro meglio, come forze politiche, per dimostrare al mondo che non siamo sempre pronti al sabotaggio dei governi perché c’è una posta in gioco molto alta, a cominciare dallo spread».
Il nostro Talleyrand alle vongole ritiene che il suo ruolo di ministro non si esercita rappresentando l’Italia all’estero, ma l’estero in Italia.
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